Una intensa emozione
culturale, nel
campo degli studi
filosofici, storici,
teorico-politici, ha
accompagnato negli
ultimi vent’anni
la pubblicazione
postuma dei corsi tenuti da
Michel Foucault presso il Collège
de France. Avviata nel
1997, terminata nel 2015 e rilanciata
dalle varie traduzioni,
questa iniziativa editoriale
ci ha dato la sensazione
che il grande filosofo francese
per un verso stesse invitandoci
a intendere meglio i
suoi testi editi in vita, per l’altro
ci sorprendesse con l’introduzione
di temi nuovi,
non di rado inattesi. Ne è risultata
una sollecitazione a
prolungare, col supporto rinnovato
della sua voce, quella
genealogia del presente di
cui è stato promotore, centrandola
ormai sui perturbanti
scenari sociali, economici,
politici apertisi con il
ventunesimo secolo.
In Potere e visibilità. Studi
su Michel Foucault (Quodlibet,
pp. 137, € 16,00) Stefano
Catucci, assiduo e competente
frequentatore del corpus
foucaultiano, discute alcuni
risultati di questa rinsaldata
possibilità di rileggere
opere classiche come Le
parole e le cose, Sorvegliare e punire,
La cura di sé, cogliendo
l’incidenza attuale di alcune
delle interrogazioni di
fondo implicite nelle ricerche
che furono oggetto dei
corsi al Collège de France.
Un problema su tutti si ripresenta
lungo i sette capitoli
del libro, ciascuno votato
alla discussione di un nodo
specifico: dal rapporto con
Marx e i marxismi all’interesse
per l’emarginazione sociale,
dalla fattiva attenzione alla
questione carceraria alla
lettura del rapporto tra città,
controllo disciplinare e biopolitica,
dal problema
dell’alterità, intesa come originariamente
costitutiva del
sé, all’attenzione alle immagini
e alla pittura. Il filo rosso
che attraversa questi temi
affrontati da Foucault, rivelandoli
come intrinsecamente
connessi, sta nella
questione che Catucci –
non senza riferirsi al social
networking e ai big data, oltre
che alle odierne, dolorose
controversie sull’accoglienza
ai migranti – chiama con
la formula «lotta per la visibilità».
Allude a quel persistente
conflitto tra strategie
del potere e condotte individuali,
che, da un lato, vede
queste strategie applicarsi a
riconoscere, controllare, afferrare
il dettaglio delle pratiche
soggettive, e dall’altro
fa emergere l’esigenza degli
uomini di rendere percepibili
i loro tratti singolari e
conquistare dignità di parola,
divenendo così soggettività
politiche, in grado, al limite,
di incalzare le correnti
relazioni di potere e produrne
una trasformazione.
Tra l’ingiunzione disciplinare
«tu sarai permanentemente
visibile», la necessità,
in risposta ad essa, di «cancellare
le proprie tracce» (era
già il consiglio di Brecht in Libro
di lettura per gli abitanti delle
città) e la modificazione dei
meccanismi vigenti grazie alla
possibilità di rendersi percepibili
nella propria «cura
di sé» – cioè nella propria capacità
di costituirsi in autonomia
– il campo della visibilità,
così come Foucault ne
ha disegnato le dimensioni,
è indicato da Catucci come
luogo determinante per intendere
le riconfigurazioni
dei rapporti di potere. L’eccedenza
del visibile rispetto
al dicibile è in questo modo
proposta non solo come
chiave interpretativa delle
stazioni maggiori dell’itinerario
filosofico di Foucault,
ma anche come via di elaborazione
di un «nuovo immaginario
politico», in grado
di affrontare gli ostacoli
che le teorie dell’emancipazione
incontrano di fronte
a una pressante spinta normalizzatrice,
la cui pretesa
è segnare violentemente i
modi della nostra organizzazione
della vita.