Si chiamava Beppe Viola. Ei fu grande
giornalista, 21 anni in Rai a raccontar
sport. Su questo la critica non diverge. Ai
tempi d'oggi ce lo ricorda un torneo di
calcio che porta il suo nome, alcuni della
categoria che cercano di imitarne le gesta,
qualche libro che ogni tanto spunta fuori,
tra racconti, articoli e testimonianze.
Uno degli ultimi è Sportivo sarà lei,
lo ha editato Quodlibet due anni fa (pag.
240, euro 17) e riporta anche gli scritti di
Marco Pastonesi, Giorgio Terruzzi e soprattutto
di una delle quattro figlie Marina
Viola. Dire che oggi c'è tanto Beppe Viola
in giro pare persino riduttivo. Il problema
è che Beppe c'è dappertutto, come le lapidi
a Garibaldi, gli intramontabili repubblicani
in Romagna, la Notte rosa i primi di
luglio. Peccato solo che manchi nell'unico
posto di cui andrebbe fiero: lo sport. O meglio,
lo sport raccontato in un certo qual
modo. Dimentichiamo la celebre intervista
di Gianni Rivera su un tram a Milano,
quella sarebbe sin troppo inverosimile. Ci
pensate a Cristiano Rolando su un bus, in
piedi in mezzo la gente? Minimo la gente
non la renderebbe possibile, poi l'autobus
si trasformerebbe in un set tv, gli spettatori
sarebbero l'addetto stampa, il social
manager, il procuratore, un paio di quadri
dirigenziali della squadra, magari qualche
tifoso sorteggiato da chissà quale contest...
E allora dimentichiamo questa situazione
improbabile e in fin dei conti prevedibile:
d'altronde se un calciatore non può neanche
rilasciare una intervista a un giornalista
previo accordo con la società, come è
possibile pensare a un autobus? Lo scrive
lo stesso Viola in un articolo su una ipotetica
intervista al neo direttore Rai Sergio
Zavoli: «Si nasce in tram e si finisce in
un'auto blindata. È serio tutto ciò?». Le
cose in effetti sono andate così.
Ma se questo è sin troppo banale, molto
meno è il resto. E cioè il linguaggio.
Quello di Viola da tempo se n'è andato.
Quella leggerezza condita da quel tanto
di ironia che lo ha reso unico, ebbene
quello non c'è più da un pezzo, sommerso
dal tecnicismo dei tempi moderni. Le
cronache oggi sono impeccabili dal punto
di vista tecnico-tattico, hanno solo il difetto
di essere un poco noiose, tanto che per
richiamare l'attenzione bisogna alzare la
voce. Le battute sono bandite, l'ironia non
pervenuta, il gioco si è fatto tremendamente
serio. L'insegnamento che ha avuto da
Beppe, scrive la figlia Marina, è stato che
«nella vita è importante sapersi prendere
un po' in giro e sdrammatizzare tutto con
una battuta». Nella vita privata come nel
lavoro. Forse se oggi siamo tutti un po' più
nervosi e una sconfitta è la sconfitta, ecco
forse è perché abbiamo perso le coordinate
di Beppe. Quello del colore Viola.