Recensioni / Scodanibbio,non è maiabbastanza

«I Taccuini così come i Ritratti ed echi così come le Note ai pezzi erano testi giàrivisti e ordinati da Stefano», dice Maresa Scodanibbio. Rivisti e ordinati prima di morire, anni prima, tra una composizione e un concerto, tra una scrittura su pentagramma e una improvvisazione. Non si sa se Stefano Scodanibbio avesse in mente di pubblicarli. Ma cinque anni dopo la morte questi scritti compongono uno dei libri più preziosi usciti negli ultimi anni. Si intitola Non abbastanza per me (Quodlibet) e l'hanno curato Giorgio Agamben e Maresa Scodanibbio. Un mistero la genesi del titolo. Ma piace lasciare che rimanga tale. L'hanno scelto i curatori, uno prestigioso avventuroso filosofo l'altra compagna di una vita del compositore contrabbassista che figura qui come scrittore? L'ha scelto la casa editrice? L'ha suggerito annotandolo daq ualche parte lo stesso autore? Di certo è perfetto nel dire quanto la vita e l'arte di Scodanibbio siano state mosse dal desiderio. Che come è noto è inesauribile, è qualcosa per cui niente basta mai. Scrittore nell'occasione. E scrittore di vaglia lo è, Scodanibbio. Vale mettersi ad accostare scrittura per lettori di libri e scrittura musicale (quando non è composizione istantanea)? Non dovrebbe valere ma è divertentee stimolante provarci. L'Ottetto per otto contrabbassi, per esempio, interpretato spesso dal Ludus Gravis oggi diretto da Daniele Roccato e fondato dallo stesso Scodanibbio. Suona come un flusso di gesti sonori, di materia sonora mutevole, di meditazioni tanto inquiete da sembrare squarci rivoltosi. Sentiamo (ascoltiamo) come lo descrive l'autore nella sua veste di scrittore «per libri». «...scrittura à la diable. Contro il ben fatto... Ne se priver de rien... Aprirsi all'erranza, allo sbilanciamento». Non è solo una chiave per capire l'Ottetto, è sonorità della prosa, suona come la musica. Certo è dello stesso genere di espressione artistica: nomade e ricca di cultura. Se si dice cultura si intende l'interesse ardente e ardimentoso per le arti visive, per i luoghi (negli innumerevoli viaggi annotati nei Taccuini),per il pensiero filosofico, per la musica, certo (con decise frasi contro la routine della «contemporanea»). Per i conflitti e le sperimentazioni di sovversione sociale. Ascoltiamolo. «Il '77 come ultima, dolcissima e violenta espressione dell'Utopia, coniugante Arte e Vita (ossia la Politica?)». E sulla soglia della morte, malato di Sla: «Non posso pretendere un altro miracolo. La mia vita è già stata un miracolo».