Recensioni / Diario di un amore mutilato

«Alunna di Vittorio Alfieri», Amalia Guglielminetti «è un'artista di tale strepitosa forza che bisogna lasciarla sola» sentenziava l'autorevole Giuseppe Antonio Borgese l'indomani della pubblicazione del libro di poesie Le seduzioni (1909). Guido Gozzano salutava l'uscita del volume con entusiasmo: «L'Italia ha una nuova grande poetessa» e Le seduzioni «è quanto di meglio abbia prodotto da vari secoli a questa parte la lirica femminile italiana. Per trovare sorelle d'arte Amalia Guglielminetti deve risalire al Rinascimento, alle rimatrici eleganti di quei giorni felici». Amalia era nata a Torino nel 1881, Guido nel 1883. Il loro epistolario inizia nel 1907, quando Amalia risponde all'omaggio del primo libro di Guido, La via del rifugio, pubblicato in quello stesso anno. Amalia dichiara al «cortese avvocato» Gozzano di avere «ritrovato fra le pagine del suo libro un poco di quella fraternità spirituale che la sua offerta mi rivela. Il rimpianto di ciò che fu, e l'ansia di ciò che non è ancora, e il sottile tormento del dubbio, e l'ebrezza folle del sogno, tutte le cose belle e perfide di cui noi poeti si vive e ci s'avvelena» (13 aprile 1907).
È l'inizio di un rapporto tra i più intensi della letteratura italiana, bello, tormentato, infelice. Le lettere, pubblicate per la prima volta nel 1951 e oggi purtroppo perdute (la storia editoriale è ricostruita in modo preciso e affascinante da Franco Contorbia), vanno dall'aprile 1907 all'ottobre 1912. Amalia e Guido sono poco più che ventenni e lui ha appena scoperto di avere la tubercolosi. Le lettere sono bellissime; tanto belle quanto struggenti, piene di desiderio e di dolore, oscillanti tra sentimenti contrastanti. Si partecipa alla costruzione di un amore che in realtà non arriva a compimento. Eppure è lì, tutto sembra essere a un passo dalla soluzione; c'è l'indubbia attrazione intellettuale e sensuale, c'è la condivisione di un affetto radicale e di un'ironia corrosiva, che per anni superano taglienti offese e umiliazioni. È soprattutto Amalia, in apparenza e in principio la più forte, a subire il rifiuto di Guido, che dopo la conquista si ritrae e continua a farlo con affermazioni sempre più marcate e l'aperta intenzione di ferire: «Ragiono, perché non amo: questa è la grande verità. Io non t'ho amata mai» (30 marzo 1908). Guido continua a ripeterle, in modo ossessivo, «è meglio non vederci più», quasi a ogni lettera lo ribadisce, come in preda a un soffocamento da cui vuole liberarsi.
Naturalmente non è possibile entrare nelle ragioni profonde di questa relazione così complessa. Sta di fatto che Amalia e Guido si vedono poco, Guido rinvia o manca molti appuntamenti e tuttavia essi continuano a scriversi e a cercarsi e quando uno dei due sembra sottrarsi l'altro rilancia. Ne scaturisce un epistolario di altissima qualità umana e letteraria, coinvolgente e appassionante, malgrado la tristezza e l'impotenza che trasmette; o forse proprio per questo.
Per chi ama Gozzano è un libro imperdibile. Ed è fondamentale anche per conoscere Amalia Guglielminetti, che è purtroppo scrittrice e intellettuale quasi sconosciuta ai più, donna di carattere e di libertà, orgogliosa di manifestare la propria natura indipendente. In più passaggi delle Seduzioni Amalia rivendica di essere «quella che va sola» ed è «vorace» di vita: «I beni e i mali / tentar bisogna, vivere si deve: / godi, ama, piangi, odia, combatti, sali: / la vita è chiusa nel tuo pugno breve» (Avidità di vivere).
Le lettere offrono inoltre uno spaccato della società contemporanea, degli ambienti culturali torinesi e nazionali. È soprattutto Amalia, spesso in viaggio per l'Italia, a offrire notizie e pettegolezzi che Guido richiede con famelica curiosità. La penna è pungente ed epigrammatica, basti citare il ritratto al vetriolo di Sibilla Aleramo, che «veste malissimo, ha quasi l'aspetto d'una governante di buona famiglia che porti i vestiti smessi della padrona, ma ha un bel collo che tiene sempre scoperto e una faccia florida e inespressiva da massaia» (30 maggio 1908).
Molte le informazioni sulla composizione in corso dei testi di Gozzano, che in questi anni scrive le poesie dei Colloqui e progetta il poema sulle farfalle. Primeggia la Signorina Domestica che poi diventerà la celebre Signorina Felicita: Amalia la riceve il 9 aprile 1909 e scrive a Guido dí avervi ritrovato «la vostra freschezza, il vostro riso amabilmente amarognolo di non so che amaro, l'amaro di certi fiori di siepe spinosa, forse».
Ci sono lettere che assomigliano a poesie, ne hanno quasi la cadenza, la misura dei versi, i segni impliciti di discorsi che vanno a capo e che nello stesso tempo spezzano e legano. In questo Amalia eccelle. Si legga questa lettera del 2 dicembre 1907, reazione all'ennesimo «Non vediamoci più» di Guido: «Ma non è possibile che partiate così. Verrete mercoledì: non mi chiederete perdono, non ci daremo delle spiegazioni, non ci diremo niente. Lasceremo solo le nostre anime un poco vicine e le nostre mani un poco congiunte prima di lasciarci per tanto tempo. Sarà una piccola tregua di sogno per Voi e per me. Dimenticheremo che ci sono le cose e gli uomini e le donne. Ci parrà d'essere soli nel mondo, o d'essere fuori del mondo. Se vorrete vegliare ci guarderemo in silenzio, se vorrete dormire poserete la testa sulla mia spalla. E poi ci diremo addio. Venite».

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