L’olfatto è il nostro senso più bistrattato,
al punto che per definire
aromi e fragranze siamo costretti a
prendere in prestito aggettivi afferenti
agli altri sensi, creando sinestesie che
nel campo olfattivo sono la norma: pungente,
fresco, avvolgente. Per anni nella
cultura mainstream il naso è sembrato
una dotazione esclusiva dei sommelier
televisivi, salvo quando un odore
risvegliava all'improvviso un ricordo, e
allora d'obbligo citare la cara vecchia
madeleine (che i più confondono con
un plumcake), non necessariamente
per pigrizia culturale, ma perché non
si trovavano altri riferimenti. Ora gli
addetti ai lavori e gli appassionati giurano
che le cose stanno cambiando, le
persone cercano sempre più attentamente
le fragranze da indossare, il settore
ha retto bene la crisi e oggi sta vivendo
una rinascita. Fatto sta che a
fronte dell'articolato lessico che abbiamo
a disposizione per descrivere
una pasta al ragù, pochi ai quali venisse
messo uno Chanel sotto il naso saprebbero
spingersi oltre il "buono".
Una delle cause di questa messa ai
margini dell'olfatto, spiegano i curatori
di A lume di naso, è la linea teorica
che nel Novecento ha individuato in
esso un senso minore e primitivo. Per
Freud la diminuzione degli stimoli olfattivi
ha aperto le porte alla civiltà, e
la tradizione occidentale l'ha appiattito
a un fattore esclusivamente biologico.
Nell'olfatto invece si incastrano
strutture biologiche e storiche, come
dimostra questa affascinante raccolta
di saggi utili a capire l'approccio teorico
su cui dovrebbe basarsi lo studio
estetico dell'olfatto, nel doppio senso
di studio del senso in questione e del
bello (o, meglio, del "profumato").
Tra storia e antropologia, letteratura,
archeologia e neuropsicologia, si
scopre che i profumi non sono dati una
volta per tutte. Così come per un'immagine,
non è bello ciò che piace, ma
ciò che in un dato contesto storico, valoriale
e sociale viene apprezzato, lo
stesso accade per gli odori. Quello che
gli antichi romani consideravano profumo
divino per noi sarebbe semplice
odore di grigliata. E fin dalle testimonianze
del I secolo a.C. è evidente come
le fragranze più apprezzate dipendessero
da dinamiche commerciali e
politiche.
Alcuni sensi, come ascolto e vista,
sono stati a lungo percepiti come più
nobili per la possibilità di fruirli in
modo ordinato, proiettarli in una dimensione
matematica, e apprezzarne
uno sviluppo dialettico, mentre altri
sono stati relegati alla dimensione della
percezione istintiva e istantanea.
Dal punto di vista evolutivo, spiega
Vincenzo Bochicchio, l'olfatto doveva
indurre un comportamento immediato,
spesso vitale. Quindi non poteva essere
uno stimolo ambiguo o interpretabile
com'è quello visivo, su cui agiamo
in maniera attiva, scegliendo la figura
su cui concentrarci e isolandola dal resto,
che lasciamo sullo sfondo. Dall'altro
lato però, proprio per questa ragione,
"mediante l'olfatto siamo eterodiretti
e siamo immediatamente fuori di
noi: una condizione antitetica rispetto
al presunto narcisismo ed esistenzialismo"
in cui fino ad ora era stato relegato
questo senso.