Nello scorso numero abbiamo parlato di apocalissi possibili e soluzioni da prendere, tra l'affidarsi alle piante suggerito da
Richard Powers nel Sussurro del mondo e l'affidarsi sempre alle piante, ma psicotrope, suggerito da Michael Pollan
in Come cambiare la tua mente. È tuttavia opportuno prepararsi all'eventuale cambio di paradigma con un'adeguata
contestualizzazione - quella che non arriva dai media mainstream, arenati in un misto di incomprensione strutturale e
vago negazionismo. La crisi è complessa, dato che all'emergenza climatica si accompagnano la sopravvenuta "era della
post-verità", con fasce crescenti di popolazione non più in grado di discernere le fonti di una notizia proprio mentre si
moltiplicano le possibilità tecnologiche della falsificazione; la crisi della democrazia rappresentativa da ciò alimentata;
i frutti tossici di quest'ultima, quali sorveglianza di massa, complottismo assurto a pensiero comune e autoritarismi di
ritorno. Una situazione che viene ben descritta nel più recente libro edito dalla collana Not di Nero, tra i pochi fari
proiettati in tanto buio.
Proprio Nuova era oscura si intitola il saggio dello scrittore, attivsta e ideatore del concetto della "New Aesthetic" - l'ibridazione tra reale e digitale che pervade il mondo contemporaneo - James Bridle, che certo dedica più spazio ad
allarmarci (con ottime argomentazioni)
che a rassicurarci con eventuali soluzioni
- il sottotitolo del libro è del resto "la
tecnologia e la fine del futuro" - dato
che, in ultima istanza, il suo lavoro ci
porta a capire ciò che annunciava già
negli anni 60 il Mr. Natural di Crumb:
la realtà è completamente pazza - o,
detto meglio, siamo agenti razionali in
un macrosistema di iperoggetti (si veda
il saggio omonimo di Tim Morton,
sempre edito da Not) fattosi ormai
per lo più irrazionale, e i cui processi
latenti sono strutturalmente non
decodificabi.
Che fare allora? Bridle è piuttosto
critico con l'accelerazionismo e l'idea
di abbracciare il cambiamento "in
avanti'; e se le ideologie nate e cresciute
nell'Europa di 800 e 900 (almeno
quelle che hanno avuto dei tentativi di
messa in pratica) appaiono oggi troppo
usurate, è forse dall'anarchismo di marca
americana - quello di Thoreau, non a
caso d'impronta naturalistica e neospiritualista
- che si possono trovare
modelli applicabili.
Tornare a Walden, quindi; magari attraverso l'interessante saggio Techno-Thoreau. Aesthetics, Ecology and the Capitalocene di David Lombard, dove si
propone una lettura del filosofo per
arrivare a un "abbattimento dei confini
tra paesaggio naturale e paesaggico
tecnologico'; e quindi un avvicinamento
tra una natura divinizzata e
una tecnologia fattasi incomprensibile
(e quindi, per certi versi, magica).
E se non bastasse si può seguire la linea di Thoreau in modo ancora più radicale,
prendendo spunto da chi le lotte per la
terra le ha fatte letteralmente durante
un'era oscura, come racconta un
pamphlet uscito per le valsusine edizioni.
Tabor. La guerra delle foreste racconta
come la lotta per la terra e le utopie
comunitariste siano precedenti alla
concettualizzazione dell'anarchismo (o
al trasferimento in campagna di Henry
David Thoreau): ne risulta un breviario
radicale da tenere presente per quando
arriverà il momento del "ritorno al
bosco':