Recensioni / La frontiera abbattuta

Gio Ponti, negli anni Trenta contrapponeva la sua «casa Mediterranea» alla casa del Nord Europa, quella, per intenderci, pensata da Le Corbusier. Quest'ultima Ponti la chiamava, in modo ironico, la «casa sui trampoli» per il fatto che non avesse alcuna disponibilità a dialogare con la natura; al contrario la casa Mediterranea era «aperta» verso la natura, si integrava verso l'esterno, di fatto non creava barriere tra interno e esterno.
Negli ultimi tempi, grazie anche a una serie di iniziative di protezione e valorizzazione del verde, ma anche per le tante battaglie culturali tendenti a considerare l'abitare una pratica sempre più estesa verso l'esterno, fino a coinvolgere pienamente anche gli spazi collettivi, è sempre meno resistente la barriera tra spazio interno e spazio esterno. Si stanno così scoprendo diverse possibilità per espandere l'abitare verso spazi tutti da inventare e utilizzare. Dai balconi dei condomini ai grandi terrazzi, dai ballatoi delle case di ringhiera alle coperture di edifici a tetto piano, dal pianerottolo delle scale condominiali fino agli spazi comuni più ampi. Spazi comuni tra gli edifici, in quei particolari condomini organizzati con corpi di fabbricati separati da giardini, da progettare per usi aggregativi a beneficio di tutti gli abitanti e, ultimamente, si sta pensando di utilizzare anche le portinerie, ormai svuotate dal custode per risparmiare sulle spese condominiali.
Queste nuove opportunità abitative stanno creando negli ultimi anni vere e proprie contaminazioni tra gli oggetti, i decori e gli arredi tra interno ed esterno, contaminazioni che hanno aperto nuovi scenari e rituali abitativi per la «casa» nella quale è spesso necessario mantenere un piccolo giardino, un orto domestico, una serra ma anche solo una zona da vivere per mangiare o per prendere il sole nella bella stagione.
Questo vuol dire nuovi oggetti da progettare, produrre e mettere in vendita che, seguendo soprattutto i caratteri delle diversità del nostro territorio (ambientali, architettoniche, culturali), tendono a differenziarsi e a proporre soluzioni inedite. Non possiamo dimenticare che il nostro territorio è per gran parte caratterizzato dalla «cultura balneare» (per i tanti insediamenti lungo le coste), dalla «cultura contadina» (per i tanti insediamenti rurali, spesso trasformati in amene residenze), dalla «cultura collinare e montana», ambienti che determinano il piacere e la passione del progettista che di volta in volta cerca i giusti materiali, colori e decori per dialogare con l'ambiente.
L'abitare interno/esterno crea così una maggiore consapevolezza rispetto all'ambiente (spazio, clima, architettura... cultura), attingendo molto anche da ciò che il territorio ha prodotto (materiali, artigianato locale) e continuando a dare nuove prospettive produttive attraverso le imprese che attingono spesso alle risorse territoriali.
Questa tendenza sta facendo risorgere una sorta di design territoriale ormai sempre più praticato dalle nuove generazioni di progettisti. Si è sviluppato così ancora di più un mercato di oggetti già ricchissimo perché rivolto agli alberghi e ai luoghi di svago e vacanza.
Questa tendenza ha spinto molti progettisti a impegnarsi nell'arredo da esterni sviluppando un'ampia gamma di forme ma anche sperimentando materiali resistenti agli sbalzi di temperatura e umidità. Considerando quindi le nostre diverse condizioni climatiche (dalle Alpi alle isole del Mediterraneo) ma anche pensando ad un mercato sempre più vasto dal clima estremo (dalla Russia gli Emirati Arabi), le imprese di questo settore hanno dovuto quindi sperimentare ed esplorare nuove tecniche e lavorazioni di materiali.
Al tradizionale «rattan» o «midollino», usato fino a non molto tempo fa per gli arredi all'aria aperta, si sono aggiunti i metalli (come l'alluminio pressofuso), i legni particolarmente stagionati, oltre alle pietre e ai marmi lavorati in modo sempre più sofisticato. L'interno che va verso l'esterno ma anche gli elementi esterni che entrano nell'interno: un abitare quindi sempre più caratterizzato dalla fluidità tra gli ambienti e le tipologie di oggetti, con progettisti che cercano di interpretare e realizzare il concetto teorico che fin dagli anni Settanta proponevo con lo slogan «Abitare è essere ovunque a casa propria!».