Recensioni / L’arte involontaria, furtiva poesia

Sull'arte degli artisti, quella firmata, c'è sempre molto da dire. Con risultati più o meno soddisfacenti, in tanti la descriviamo, la definiamo, la "collochiamo nel suo contesto". Più difficile è trovare qualcuno capace di cogliere quei momenti di armonia imprevista che Gilles Clément chiama "arte involontaria", immagini senza statuto, missione o discorso, che si creano all'incrocio tra «il dominio elementare della natura e il territorio marcato dall'uomo». A esse il paesaggista francese dedica un saggio che è pura poesia. Nel territorio di frontiera di cui tratta, non ci sono i miracoli della natura o lo splendore di incontaminati luoghi selvaggi, ma impermeabili che spuntano tra la folla, il nero delle bocce su un prato all'inglese, il tentativo di fuga di un sacchetto agganciato al cestino della raccolta differenziata. Tracce o apparizioni, sono «incidenti minori e furtivi», senza ambizioni, senza peso. Forse anche per questo arrivano direttamente al cuore.