Come si costruisce un
nemico? Infatti, non ce
n'è uno nella storia del
mondo che non sia, oltre
a colui che ci offende
o minaccia oggettivamente,
anche una proiezione della
nostra fantasia e della nostravolontà;
dunque, un riflesso del nostro volto.
Tutti i conflitti mettono in campo
rappresentazioni distorcenti incrociate,
che servono a circoscrivere gli
obiettivi dell'uno e dell'altro, a motivare
l'odio e ad alimentare i fantasmi
dell'aggressività. Tali distorsioni sono
tanto più evidenti, pur tra vaghezze
e ombre, quando il nemico assume
statura di nazione. Di questo la modernità
e la nostra stessa attualità ci
forniscono esempi fin troppo numerosi.
Qui vogliamo risalire a un esempio
antico: i germani dell'età postaugustea,
sui quali Tacito sul finire del
primo secolo compose una monografia
intitolata De origine et situ Germanorum,
ovvero Sull'origine e sui
luoghi dei Germani, più sinteticamente
nota come Germania.
Domati e romanizzati ormai i galli,
tocca appunto ai germani incarnare
l'Altro, il Non Romano, il Barbaro
per eccellenza. I germani, come
mostra la realtà stessa, sono l'avversario
che non solo tiene testa all'impero,
ma riesce perfino a evidenziarne
i limiti militari e politici. Così, da
insieme di tribù divise che sono nella
vita, si ritrovano nella pagina del
grande storico a rappresentare
un'unità etnica. Giulio Cesare già li
ha distinti dai Galli. Tacito mantiene
la distinzione e la assolutizza, sottoponendo
l'immagine della Germania
a un creativo processo di ingrandimento.
I legami tra i vari gruppi salterebbero
fuori dalle somiglianze di
linguae di costumi. Di fatto, a Tacito,
che non ha l'impostazione di un moderno
etnologo, basta fondare
l'identità comune di tanti su basi
prevalentemente geografiche: i germani
stanno a est del Reno e a nord
del Danubio. Questo è quanto. Incarnano
l'oltre, stando automaticamente
per un'antitesi. Ecco un caso
di semplificazione culturale, tutt'altro che isolato nella storia della cultura
occidentale, che costringe geografia
e psicologia a coincidere.
L'antitesi, però, è bivalente, com'è
della tendenza tutta tacitiana alla
condensazione dei messaggi. La Germania
è sì l'opposto della Roma imperiale,
ma è anche, per certe caratteristiche,
l'equivalente della Roma repubblicana.
Tacito non vuole certo
elogiare il nemico. Mettendo in evidenza,
però, il suo valore, la sua energia,
il suo vitalismo, la sua sete di indipendenza,
il suo rispetto del sacro
riafferma un ideale di superiorità che
apparteneva all'antica tradizione del
popolo romano. La parola che tutto
riassume è libertas: parola con cui
Tacito, che con virtù da vate già legge
decrepitezza e morte nelle fibre dell'impero,
identifica tout court la dissolta
repubblica.
Chi ha una conoscenza scolastica
di Tacito considera la Germania
un'opera minore: breve, descrittiva,
priva di pagine memorabili, perfino
troppo chiara, quando confrontata
con le opere storiche, le Storie e gli
Annali, dove l'analisi psicologica e la
ricerca stilistica si spingono a profondità
voraginose con scatti di lampo,
o anche rispetto all'Agricola e al
Dialogo degli oratori, brevi a loro volta,
ma apparentemente più ricche di
passione e di riflessione. Letta l'edizione
che Giuseppe Dino Baldi ha
pubblicato di recente per Quodlibet
(che include una lunga introduzione,
la traduzione del testo latino, un
corposo apparato di note e un'appendice
di fonti greche e latine anteriori
a Tacito), chiunque dovrà riconoscere
che quest'opera rappresenta
un vertice. Baldi illumina la complessità
artistica e ideologica della
Germania, mettendoci in guardia,
con avvertimenti espliciti e con l'applicazione
costante dell'esegesi,
contro letture letterali che non sappiano
cogliere gli aspetti propri di
una visione molto lontana nel tempo.
Dalla sua lezione impariamo anzitutto
a capire che cosa sia l'oggettività
per uno storico come Tacito e
a non cadere nel banale errore di accusarlo
di inaffidabilità per il fatto
che non abbia raccolto dati di prima
mano ma si sia appoggiato a racconti
altrui. Impariamo, al tempo stes so, a non credere a ogni affermazione
o informazione che leggiamo nell'opera
e a intendere per verità il sottotesto
propagandistico (che per
Tacito assume sempre la forma della
critica al regime) più che il contenuto
del racconto.
Baldi dà prova di un'ammirevole
preparazione geografica, storica e
letteraria, e maneggia le fonti latine
e greche con facilità e con esattezza
(di particolare interesse la parte su
Posidonio di Apamea, ricordato in
genere come pensatore stoico e qui
richiamato per le sue notazioni etnografiche).
Osservando un'ampia distesa
con un potentissimo binocolo,
collega prontamente punti lontani e
indica continuità e rotture, in un sapiente
alternarsi di campo lungo e
primo piano. Tratta della Germania
ma tratta anche di tutto un mondo
antico, illustrandone mentalità, valori,
coordinate socio-culturali e spaziali.
Non esito a definire la sua introduzione
un saggio propedeutico allo
studio del mondo antico tout court.
Voglio citare un breve passo per dare
un'idea del tono: «La civilizzazione è
vista [dalla prospettiva di Tacito] come
un processo di graduale affrancamento
dallo stato di natura che è accessibile
a tutti i popoli, e quindi senza
nessuna preclusione razziale, anche
se ogni popolo la raggiunge con
velocità diverse, principalmente per
le diverse caratteristiche geoclimatiche
del territorio in cui si trova: Roma
è al punto più alto della civiltà, mentre
i Germani, con differenze determinate
per lo più dalla loro maggiore
o minore vicinanza ai confini dell'impero,
sono ancora al principio».
Questa edizione della Germania è
un luminoso esempio di ricerca, di
competenza e di chiarezza. Io in più
ci vedo un modello di studio da applicarsi
idealmente, prese le dovute misure,
perfino nei licei. La scuola si
ostina a insegnare la letteratura latina
in forma storiografica e per mezzo
di letture antologiche. Pretende di fare
tutto, dall'inizio alla fine (un inizio
e una fine — si badi — determinati solo
dalla cronologia), e si costringe a far
bene ben poco di ciascuna cosa. Nessun
insegnante e nessun programma
liceale potranno mai impartire un
corso esaustivo sull'antichità classica. Per attuare un programma tanto
ambizioso ci vorrebbero anni e anni
di pratica, e livelli di applicazione che
a nessun giovane sono consentiti dal
calendario scolastico e dalla routine
quotidiana. Invece, ritagliato un certo
periodo, si prenda un'opera e ci si
guardi dentro e intorno, indietro e
avanti; se ne considerino la forma, la
lingua, i temi, la postura retorica, le
connessioni geo-politiche con il
mondo coevo e con quello in cui pensiamo
e agiamo noi posteri.
Un'opera, per quanto breve, come
la Germania di Tacito, rivelerà un
mondo, perché veramente presuppone
un mondo, e non c'è modo migliore
per avvicinarcisi che l'induzione.
Se studiamo induttivamente,
il dettaglio richiamerà il contesto,
senza dissolversi nell'indistinto delle
narrazioni generali; il semplice si
articolerà nel complesso. E con noi
resterà, pur dopo molteplici digressioni,
la certezza di non aver mai abbandonato
l'oggetto del nostro studio.
Saremo diventati intimi di quell'opera
specifica e avremo acquisito
inoltre un metodo per trattare similmente
altre opere.
Un'ultima dimensione di questo
lavoro va sottolineata: la coscienza
civile. Baldi parla di confini e di confronti
tra popoli, e parla in particolare
di Germania, una nozione che noi,
figli dell'Ottocento e del Novecento,
siamo abituati a ritrovare in altri,
anche terribili, miti. Non è sorprendente
che il nazismo, come Baldi ci
ricorda, pose nella Germania di Tacito
un'assai precoce difesa della razza.
Germania a parte, l'edizione di
Baldi offre un contributo validissimo
allo studio psicologico dello
straniero e invita tanto più appassionatamente
oggi, nella bufera dei
falsi pareri, a domandarci come possiamo
tenere invita la nostra civiltà
europea e in che misura ancora dobbiamo
riconoscerci eredi di quel ricchissimo
passato.