È di pochi giorni fa l'uscita di Ombre
(Quodlibet, 2019), ultimo
tassello creativo di Roberto Paci
Dalò, riminese, classe 1962,
compositore, musicista, disegnatore,
artista visivo, regista e
insegnante di Interactiondesign
a Unirsm.
Dalò, quale è stata l'esegesi di
questo suo ultimo lavoro, suggestivo
collettore di pensieri, arte,
storia, bellezza, riflessioni?
«Il progetto è sorto dalla necessità
di festeggiare il centenario
della Galleria Nazionale dell'Umbria
attraverso una pubblicazione
diversa da quelle canoniche,
che permettesse la presenza
di uno sguardo d'artista e
utilizzasse il taccuino - cui sono
sempre stato legatissimo, al punto
da divenire ambassador della
Moleskine, azienda famosa universalmente
- inteso però non
come un processo sorto in accompagnamento al lavoro,
bensì
come l'essenza stessa dell'opera,
in una sona di storyboard, di processo
materico realizzato senza
al terarel asequenza di ciò che via
via andavo a fermare sulle pagine
».
«Questo è un libro di dettagli» e
«il buon Dio si annida nei
dettaglio» diceva Aby Warburg.
Nel libro, realizzato su un taccuino
da viaggio come al tempi del
Grand tour, è costante il riferimento
allo storico dell'arte francese
Daniel Arasse e alla sua teoria
del dettaglio. Quale è la sua
personale concezione del dettagiio e
quale ruolo ha nel suo vivere
la cultura?
«La nostra esistenza vive di dettagli
e distanze brevi, la nostra
geografia del quotidiano si misura
a passi e facci amo una "vita da
paese" anche nelle grandi metropoli,
misuriamo il vivere, il
tempo, le relazioni, il presente
proprio a partire dal dettaglio,
che diviene così - anche in campo
culturale - un modo per affrontare
la complessità ed evocare
il "grande", partendo però dal
"piccolo", solo in apparenza più
semplice e meno importante ma
in realtà fondamentale e pregno
disenso».
I1 titolo, se da un lato contlene il riferimento
all'ombra emessa dai
corpi e dalle opere, al loro proiettare
qualcosa in un altrove altro
da sé e appartenente all'animo di
chi osserva, dall'altro rimanda all'etimologia
connessa all'origine
del nome "Umbria". Quali altre
implicazioni sono sottese a questa
scelta?
«Mi piaceva l'idea di inserire l'ipatetica costellazione di significati
congiunti alla parola "ombra"
e giocare sul cortocircuito
tra vero e falso, scientifico e fantascientifico,
reale e immaginario
proprio per sottolineare
quanto ogni certezza sia inrealtà
opinabile e quanto anche il lavoro
dell'artista, anche la fantasia,
possano essere molto più concreti
di quanto si immagini».
In Ombre sono frequenti I riferimenti
al mondo del fumetti (nel
suo collegare I cartigli della seconda
metà del tredicesimo secolo
al baloon fumettistici) e a
quello del cinema (la realizzazionedi
alcune aureole che riporta al
cinema sovietico o la predilezione
del pubblico per certi riferimenti
splatternella realizzazione
di San Piero). Ha ancora senso la dicotomia tra cultura elevata e
cultura popolare?
«Credo sia davvero sterile questo
tipo di approccio. ll pubblico è in
realtà assai più preparato e sofisticato
di ciò che si vuoi far intendere.
L'importante è non volgarizzare
il tema trattato e riflettere
in modo consapevole su qualsiasi
declinazione che l'espressività
umana decide dimettere in scena: il discorso deve essere
sempre alto, a prescindere dal
campo che si sceglie - che può
appartenere o meno alla cultura
classica - ed è proprio la possibilità
di alzare il livello che garantisce
una maggior partecipazione
da parte di chi fruisce il prodotto
culturale».
Tra le sue pagine ritroviamo improvvise
Incursioni personali,
quotidiane e autobiografiche, evidenti
nel riferimento al «primo
whisky della mia vita» ordinato
durante il soggiorno perugino,
nel ricordo della festa ebraica di
Hanukkah festeggiata dopo aver
acquistato le candeline da Tiger,
o lo schizzo autobiografico mentre
disegna seduto sullo «sgabelletto
da pescatore molto comodo
» trovato da Decathlon.
Quale ruolo hanno queste note
personali?
«ll mio libro è una sorta di graphic novel che funziona sullo spazio
e sul tempo, intenso sia come
tempo lungo delle opere e dell'arte,
sia come tempo personale
funzionale alla reintroduzione
della presenza umana, quotidiana
e concreta - costituita dalle
mie incursioni riflessive, concrete
e attuali - nel panorama apparentemente
distante della grandezza
artistica conservata a Perugia.
In questo modo si accorciano
le distanze e quelle opere
non sono più qualcosa di lontano
e scolastico, bensì si riappropriano
di quotidianità, semplicità e
profonda immediatezza».
Progetti futuri?**
«Attualmente sono preso dalle
presentazioni del libro e contemporaneamente
sto lavorando a
Trieste e Venezia, curando al
tempo stesso un progetto itinerante
partito a Weimar e incentrato
su spettacoli e laboratori
sulla figura del drammaturgo tedesco Adam
Müller».