on un paio d'anni d'anticipo sulle celebrazioni
del 2021, Luciano Curreri, professore di Letteratura italiana all'Università di Liegi, fa uscire un
agile volumetto sulla Comune di Parigi. O, meglio: su intriganti eredità di idee e immagini
che si ricollegano all'esperienza condotta tra il
18 marzo e il 28 maggio 1871 nella capitale francese: La Comune di Parigi e l'Europa della Comunità? Briciole di immagini e di idee per un ritorno della
Commune de Paris (1871) (Quodlibet, pp. 138, € 12,00).
Il libro unisce la dottrina del saggio accademico, poggiato su una solida bibliografia, al brio del pamphlet «birichino», per usare un termine caro all'autore. E propone
una riflessione stimolante, che farà non solo discutere
ma anche meditare sul non esaurirsi della lezione comunarda. Poche le concessioni alla mitologia marxista e leninista della Comune: a Curreri non preme più di tanto
(né più di tanto condivide) la Comune come mitico antecedente dell'esperienza bolscevica. L'angolatura di
sguardo, d'altronde, è da storico della cultura più che da
storico tout-court. Egli, piuttosto, intende mettere in luce
l'andamento carsico delle parole della Comune nell'Europa occidentale. E così ricollega quelle idee, quelle parole, alle idee, alle parole, di una comunità europea. Una
comunità europea naturalmente ben diversa da quella
sviluppatasi dopo i Trattati di Roma: un'ideale Europa
della Comunità legata alla Comune da un filo rosso ideale e culturale, che, sotto un'ardita volta, d'architettura
proudhoniana, muove almeno da Hugo, passa attraverso la guerra civile spagnola, la Rêverie d'un fédéraliste libertaire di Denis de Rougemont, e trova segni anche nelle
recenti rivendicazioni indipendentiste catalane.
L'originalità del saggio, il suo fascino insomma, sta
proprio nel tentativo di rinvenire un mito altro della Comune. Attraverso «briciole di immagini e di idee» si documenta la vitalità socio-culturale di quell'esperienza, una
volta liberata dal letto di Procuste in cui sarebbe stata costretta da certo marxismo «ortodosso». L'utopia della
Commune de Paris, invece, sarebbe un «cronotopo in vivo e
in crescita» e una «manifestazione feconda d'avvenire»:
non tanto antecedente della Rivoluzione d'Ottobre,
quanto di un'Europa delle comunità.
Curreri, con sorvegliato scrutinio di testi e immagini,
avvicina la piccola comunità, «le mini-patrie, i quartieri
finanche», della Commune e «la grande Europa della Comunità». E, per corroborare la tesi, disegna un percorso
ad arabesco, per certi versi sciasciano, nel quale, come
un Pollicino che ritrova la sua strada, recupera le «briciole», inanella e collega con mosse critiche da funambolo
romanzi un tempo popolari, da La Communarde di Cecil
Saint-Laurent (Jacques Laurent) a Le Canon Fraterníté di
Jean-Pierre Chabrol a Les Massacres de Paris di Jean Cassou,
e risale su su fino alle splendide pagine, pressoché in diretta, dell'appello (1870) di Victor Hugo aux Allemands
che stanno per marciare verso Parigi: «Paris est votre centre. C'est à Paris que l' on sentvivre l'Europe Liberté, Egalité, Fraternité: nous écrivons sur notre drapeau: Etats-Unis d'Europe».
Notevole e assolutamente originale, infine, il minuzioso percorso, seguito con gli strumenti del critico della
cultura e della letteratura, attraverso le BD (bandes dessinées) tardonovecentesche dedicate alla Comune, non
senza accorti riferimenti anche alla cinematografia e alla narrativa e ai loro debiti verso il romanzo popolare ottocentesco: basti rammentare le belle e utili pagine dedicate al formidabile Le Cri du peuple di Jean Vautrin, illustrato da Jacques Tardi.