«La storia di Julien esige di essere
raccontata, perché è sintomatica
non solo della storia
terribile dei sordi nel XX secolo,
ma in generale dell'ordinaria
follia umana, della tendenza
degli uomini a disintegrare
l'umano, a condannare ciò
che di vivo c'è nel vivente, fosse
anche con le migliori intenzioni
del mondo, fosse anche
in nome dell'amore per il prossimo,
o in questo caso dell'amore
per un figlio». Così Bertrand
Leclair, nato a Lille nel
'61, autore di una dozzina di
romanzi, drammaturgo, critico
letterario per «Le Monde», ci
porta in Malintesi (Quodlibet,
traduzione di Marco Lapenna,
pagg. 169, euro 16)
dentro un mondo troppo poco
conosciuto che lo riguarda
da diciott'anni per quella figlia
sorda che adora e con cui
condivide la lingua dell'amore.
Julien Laporte nasce negli
anni sessanta nell'estremo
nord della Francia, secondo
dei tre figli del prototipo
dell'uomo che si è fatto da sé,
ha combattuto la Resistenza,
è stato garzone di un tipografo
e ne ha sposato la figlia, per
poi salire con passo sicuro la
scala del benessere. Quel bimbo
sordo è per lui un affronto,
come può accettare di aver generato
un figlio incompiuto?
Ma lui è un combattente e trova
il suo alleato in Alexander
Graham Bell, proprio quello
del telefono, che figlio di madre
sorda e di donna sorda
consorte, si è molto speso come
paladino nella lotta per lo
"sradicamento della sordità".
Vengono i brividi a leggere di
tutte queste
persone
“di buone
intenzioni”
che
si sono Date
alacremente
da
fare per
estirpare
l'onta della
lingua
dei segni, proibita dai 202 delegati
alla Conferenza internazionale
sull'educazione dei
sordomuti di Milano del
1880. Pena le mani legate dietro
alla schiena e, per i più abbienti,
interminabili ore di logopedia.
Nulla in confronto alle
misure del nazismo che di
sordi ne ha sterilizzati
17.000, ma si sa, turba quasi
di più sapere che anche negli
Stati Uniti, negli anni Venti e
Trenta, i sordi venivano sterilizzati
a loro insaputa. Non solo
questo naturalmente, anche
realtà buone e progressiste
come l'Università Gallaudet
a Washington che dal
1816 forma intellettuali e professionisti
nella lingua dei segni
o l'International Visual
Theatre di Parigi. Ma di questo
Julien Laporte non sa, lui
sa solo di essere "sbagliato". A
diciannove anni trova la forza
di fuggire nella capitale dove
scopre di poter scegliere il suo
destino. Poi, per venticinque
anni, fin oltre la morte del padre
decaduto e della madre
piena di sensi di colpa, praticamente
nessun contatto. Julien
diventa un uomo forte,
ha imparato a stare controvento
nella vita. Tornerà alla casa
delle sue sofferenze per l'eredità.
E per riscoprire ricordi e
odio, per sfidare il fratello rancoroso,
incontrare una sorella
che da sempre gli è stata vicina.
Per proibire, infine, a Leclair
di raccontare la sua storia,
perché non gli ha mai detto
di essere padre di una figlia
sorda. E perché "i genitori dei
sordi sono sempre i motori
della catastrofe". Ma la storia
di Julien "esige di essere raccontata".
La storia dei sordi
esige di essere ascoltata.