Rari sono i personaggi affetti da
sordità nella letteratura. Il più
noto tra loro è Quasimodo in
Notre-Dame de Paris, figura di
forte intensità umana, e al tempo stesso
relegata allo status di semiuomo, come
già lascia intendere il suo nome. La difficoltà
degli scrittori a raccontare il destino
di individui esclusi dalla comunicazione
orale non può stupire: il grande
critico russo Michail Bachtin ci ha insegnato,
prendendo a modello l'opera di
Dostoevskij, che la dimensione distintiva
del romanzo risiede nella sua "dialogicità".
D'altra parte, proprio in virtù
della sua alterità radicale, il personaggio
del sordo detiene un potenziale
perturbante rispetto alla matrice dialogica
del genere romanzesco. È ciò che
a suo tempo intuì Carson McCullers
con Il cuore è un cacciatore solitario. Ed
è quanto dimostra Bertrand Leclair in Malintesi, egregiamente tradotto da
Marco Lapenna per i tipi di Quodlibet.
Del romanzo, Malintesi persegue
non tanto le convenzioni di genere
quanto l'essenza conoscitiva. Il libro di
Leclair prende le mosse da un'esperienza
personale raccontata in forma
autobiografica: la nascita di una figlia
che, a nove mesi, viene diagnosticata
sorda. All'epoca l'autore ha poco più di
trent'anni, lavora come critico letterario
per varie testate parigine e vagheggia
un avvenire da romanziere. La scoperta
della sordità di sua figlia provoca
in lui un trauma che, incomprensibilmente
secondo il senso comune, ha la
potenza liberatoria di ogni evento tragico:
«Sorge una nuova verità sul mondo
e su te stesso, che spazza via le altre
che avevi dato per buone senza rifletterci,
e ora sei scollato dalle abitudini,
dall'identita, in uno straordinario e
potente movimento liberatorio che ti
proietta in assenza di peso, nell'istante
che precede la desolazione della caduta». A partire da quell'istante, la sua vita
sarà un lungo attraversamento di
quell'aldilà del linguaggio che è l'universo
dei sordi. Anni dopo, durante la
partecipazione, in quanto autore, a un
atelier teatrale in cui sono coinvolti attori
sia sordi che udenti, Leclair conoscerà
un uomo il cui destino esemplare
fornisce la materia narrativa di Malintesi.
Una materia trattata secondo
modalità romanzesche, poiché quell'uomo,
vero o inventato che sia,
avrebbe negato il proprio consenso al
resoconto della sua vita, masoprattutto
perché il romanzo, rendendo possibile
un accesso profondo e immediato
all'interiorità degli individui, permette,
sub specie imaginationis, di scandagliarne
ogni recondito anfratto, prerogativa
ancora più preziosa se confrontata
alla condizione ermetica abitualmente
associata ai sordi.
L'uomo o personaggio in questione
è Julien Laporte, secondogenito di una
ricca famiglia del nord della Francia. Il
padre di Julien, Yves, personalità dal
temperamento autoritario e caparbio,
eroe della Resistenza, imprenditore
fattosi da sé, quando apprende la sordità
del figlio reagisce con volontaristica
ossessività, determinato a ottenere
i migliori risultati dal metodo di educazione
verbale che, per circa un secolo,
ha governato l'educazione dei sordi:
una rigida oralità, fanaticamente ostile
all'utilizzo della lingua dei segni. Questo
metodo consisteva in un principio
semplice: insegnare ai sordi, a forza di
estenuanti esercizi logopedici, a pronunciare
parole di cui non potevano
udire il suono. Raggiunta la maggiore
età, Julien, alienato e mortificato dall'educazione
ricevuta, fugge dalla sua
famiglia di origine e approda a Parigi,
dove comincia a frequentare altri sordi
e a padroneggiare il linguaggio dei segni.
Fonderà una propria famiglia e diventerà uno
stimato intellettuale militante
per la causa della "cultura sorda",
ma, nell'intransigenza di certe sue posizioni,
mostrerà una durezza non dissimile
da quella del padre...
In Malintesi Bertrand Leclair racconta,
senza indulgere a facili pietismi,
una vicenda emblematica della
storia misteriosa dei sordi, una storia
fatta di soprusi e rimozioni, nella quale
gli individui colpiti da sordità si sono
ritrovati a incarnare lo scandalo
dell'assenza di verbo, di una comunicazione
che, incentrata sull'utilizzo
espressivo del corpo, venne a lungo
assimilata a una forma di animalità.
Ma Malintesi è innanzitutto un illuminante
romanzo famigliare, in cui
viene sviscerato e disciolto l'intrico di
evitabili errori, giuste recriminazioni
e inutili rancori che genera ogni forma
di perdurante incomprensione: «Perché
è così difficile non inciampare sullo
stesso tappeto del passato?». Chiudendo
il libro, si è portati a chiedersi
se, oltre la sfera famigliare, e al di là
della storia drammatica dei sordi, i
malintesi del titolo non riguardino, in
un'accezione più ampia, le tensioni e
divisioni identitarie che percorrono la
società francese di oggi.