Recensioni / Usi civici

Paolo Grossi, storico del diritto e presidente emerito della Corte costituzionale, è il più eminente studioso contemporaneo di quel fenomeno noto come «usi civici». Il suo ultimo libro Il mondo delle terre collettive affronta la tematica in una prospettiva fortemente innovativa.
L’individualismo giuridico moderno ha preteso di elevare a unico modello proprietario quello della proprietà privata individuale e ha, nel contempo, preteso di cancellare qualsiasi altro modello alternativo e soprattutto quello incarnato in assetti fondiari collettivi (impropriamente noti come usi civici), arrivati sino alla modernità lungo il filone di una plurisecolare tradizione. Nella seconda metà dell’Ottocento si ha l’emersione di una coscienza rinnovata e cominciano, pur tra enormi difficoltà e tra atteggiamenti scopertamente persecutorii, affermazioni davvero pluralistiche. Tra i più attivi giuristi di questo periodo storico ritroviamo il camerinese Giovanni Zucconi (1845 - 1894), relatore della legge del 1888 in materia di usi civici.
L’«altro modo di posseder» pretende una sua legittimazione, la quale avverrà lentamente nel corso di quel secolo post moderno che è il Novecento. Alla fine di questo si riconoscerà alla appartenenza collettiva il merito grande di aver costituito realtà spiccatamente sociali e di aver realizzato forme efficaci di tutela ambientale. Fortunatamente si tratta di una consapevolezza culturale che si fa oggi sempre più strada. Lo stesso persecutore di un tempo, il legislatore nazionale italiano, si è messo decisamente in questa linea con l’importante legge 168 del novembre 2017. Non si tratta, però, di rispettare soltanto forme alternative di appartenenza. Quello delle terre collettive è addirittura un mondo segnato da valori profondi intensamente vissuti; e una diversa antropologia lo sorregge offrendoci l’esempio di comunità operose dominate da una sentita solidarietà.