“Se sono libero è perché sono
sempre in fuga". Una frase
attribuita a Jimi Hendrix, ma che
può esser usata per descrivere la
parabola esistenziale e artistica,
dolorosamente troppo
breve, di Stefano Scodanibbio. Del resto,
proprio la celebre Foxy
Lady hendrixiana fu
fonte d'ispirazione per
...and Roll<7i>, una delle sue
ultime e più avventurose composizioni. Una
fuga da ogni subordinazione del contenuto alla
forma, da ogni possibile
tentativo di definizione
o labelling della propria arte. Soprattutto, una fuga dalle barriere
identitarie, spesso autoimposte,
della musica cosiddetta "eurocolta':
"Non posso ignorare — scriveva
Scodanibbio — ciò che è successo in questo secolo, non solo musicalmente (...) Non posso continuare
pensando come se il jazz non fosse esistito, come se la musica indù
non fosse giunta nelle nostre sale
da concerti, come se il rock non
bombardasse le orecchie di ciascuno negli spazi pubblici. Non posso
ignorare i contributi che certi artisti, al di fuori della musica colta
`europea' ci hanno apportato".
Non stupisce quindi che
in poco più di cinquant'anni di vita, uno spirito inquieto come
quello di Scodanibbio
abbia viaggiato tantissimo: dall'Europa alla
California, al Marocco, all'India e all'amatissimo Messico, vero
e proprio locus animae
per il contrabbassista
marchigiano. La parte
centrale e più corposa
di Non abbastanza per me è costituita proprio dai Taccuini, un
"diario di viaggio" compilato dal
1977 al 2011. Una sorta di Mon
coeur mis â nu postmoderno: una
scrittura frammentaria, ermetica,
spesso mistilingue, con squarci di
lirismo ("Vita come lampo. Folgore eterna. Esistenza fulminante',
scriveva a Maastricht, nel 2007)
che mostrano un intellettuale a
tutto campo — che cita Huxley e
Whitman, critica Tarkovskij e paragona Mondrian a Bach — e un'esistenza vissuta "fino alla feccia",
nonostante la presenza sempre più
invasiva della malattia. Nella prima parte, Ritratti ed echi, racconta
la propria formazione di compositore ed esecutore e tratteggia le figure deí maestri, dei collaboratori
e degli amici più cari: tra gli altri
Luigi Nono, Giacinto Scelsi, Luciano Berio, Edoardo Sanguineti
e Giorgio Agamben, che di questo
'volume è curatore insieme a Maresa Scodanibbio, compagna di vita
del musicista.
L'ultima parte del libro, la più
breve, è costituita dalle Note ai
pezzi, in cui Scodanibbio presenta,
a suo modo (emblematica la descrizione dell'ultima opera, l'Ottetto:
"Senza capo né coda. Sauvagerie
totale, orizzonti dischiusi. Documentare un'attività solitaria") le
sue composizioni. Uno strumento indispensabile per chi volesse
scoprire o approfondire l'opera di
uno dei protagonisti della recente
storia della musica.