Recensioni / Il lume dell'arte

"Per dar di tutto il vero lume a noi", scrive Michelangelo di Dante, di cui ammirava l'opera, come ricorda lo storico dell'arte francese Édouard Pommier nel suo saggio L'invenzione dell'arte nell'Italia del Rinascimento (Einaudi). Pommier sottolinea come Dante avesse portato proprio la luce, il "lume", alle problematiche artistiche, emergendo come la figura di prua tra quei poeti e letterati che delineano per primi la collocazione e la missione degli artisti nell'organizzazione sociale dell'Italia del trecento. A Dante, ricorda sempre Pommier, dobbiamo anche l'invenzione della parola "artista" che utilizzerà più volte nella Divina Commedia. Un monumento, anzi due, l'opera e il suo autore. Eppure lo statunitense Seymour Chwast, disegnatore e illustratore consacrato da alcuni dei musei più importanti degli Stati Uniti, collaboratore, tra gli altri, del New York Times e del New Yorker, è talmente libero e poco intimidito da sovvertire il capolavoro dantesco restando fedele al testo. Dante, nella sua ricerca della verità, veste come Philip Marlowe, Virgilio ha baffi e bombetta, e così via. I formati delle tavole variano continuamente; la sua ironia surreale a tratti richiama l'umorismo nonsense; gli accostamenti dal mondo contemporaneo da lui praticati, pur iconoclasti, sono delicati come il suo segno. Sempre leggiadro come una nuvola del paradiso, riesce a trasmettere, bel paradosso, la bellezza dell'infinito.