Recensioni / Quando Dio parla con la voce delle donne

Il vecchio Goethe qualcosa ne sapeva. Il sacrificio dell'ingenua Margherita, l'amore per la sensuale Elena, l'abbraccio finale della Vergine: tutto il Faust si svolge sotto il segno dell'«eterno femminino», in un'alternanza fra contesa e salvezza nella quale trova spazio anche il viaggio - così misterioso da sfuggire a qualsiasi tentativo di rappresentazione - nella regione delle Madri, le «dee ignote» o, meglio, dimenticate senza la quale nessuna sapienza può dirsi compiuta. Più di mezzo secolo dopo, nel 1861, Johann Jakob Bachofen darà veste scientifica all'intuizione del poeta con Il matriarcato, opera ancora oggi fondamentale per la ricostruzione dell'ordine femminile diffuso in età paleolitica. Insieme con Marija Gimbutas, Robert Graves, Riane Eisler e altri ancora, Bachofen è uno degli autori su cui maggiormente si basa L'altra metà di Dio (Feltrinelli, pagine 288, euro 19,00), singolare e appassionato saggio nel quale Ginevra Bompiani chiama a raccolta cognizioni antropologiche e filosofiche, ricordi personali e memorie letterarie per rileggere in controluce la tradizione classica e quella biblica, all'interno delle quali restano riconoscibili le tracce di questa visione ancestrale. Si tratta di un percorso tanto documentato quanto rispettoso, le cui argomentazioni finiscono per intrecciarsi con quelle di un altro libro uscito di recente. In Le amanti del loin-près (Le Farfalle, pagine 132, euro 13,00: per informazioni www.edizionilefarfalle.it) l'italianista Antonio Di Grado rielabora infatti la lectio magistralis tenuta nell'autunno scorso per la fine del suo insegnamento all'Università di Catania, muovendosi in un territorio per molti aspetti complementare rispetto a quello esplorato da Bompiani. Se L'altra metà di Dio si orienta verso il «silenzio sonoro e palpitante» della preistoria, Le amanti del loin-près insiste sul Medioevo e sull'età moderna, attraverso un'analisi delle testimonianze delle grandi mistiche, da Angela da Foligno e Margherita Porete (è nel suo Specchio delle anime semplici che Dio viene invocato come il loin-près, "vicino-lontano") fino a scrittrici come Elsa Morante e Cristina Campo. Ad accomunare ulteriormente i due libri interviene il richiamo, più o meno insistito, alla nozione stilnovistica dell'«intelletto d'amore», il cui significato - intimamente connesso alla dimensione femminile - è oggetto anche di un prezioso volume appena pubblicato da Quodlibet con scritti di Giorgio Agamben e dell'arabista Jean-Baptiste Brenet. Da parte sua, lo stesso Di Grado rivendica la continuità tra la codificazione monastica dell' intellectus amoris da parte di Guglielmo di SaintThierry e l'esperienza delle beghine fiamminghe (capaci di trovare quello che la teologia si limita a cercare), e poi ancora oltre, fino a Clarice Lispector, Anna Maria Ortese e l'insospettabile Emile Cioran. Anche nell'Altra metà di Dio la letteratura svolge un ruolo importante, in particolare per quanto riguarda l'opera di Franz Kafka, forse il più lucido accusatore delle derive del patriarcato. Distruzione, punizione e mistificazione sono i tre elementi su cui Bompiani si sofferma in modo specifico, facendo dialogare tra di loro i racconti biblici della creazione e la leggenda di Gilgamesh, la peregrinazione di Abramo e l'articolazione della giustizia nella tragedia greca, le statue votive che in tutta Europa rimandano al culto della Grande Madre e le raffigurazioni della Madonna. Non è un tentativo di sincretismo, quello che ci viene offerto, ma un esercizio di interpretazione comparata per molti aspetti analogo a quello compiuto da Di Grado, che a sua volta non fa mistero delle proprie simpatie per la fase aurorale della Riforma italiana, considerata come alternativa mancata alla rigidità dottrinale