Recensioni / Detective Dante

Lo spirito non gli manca. Alla domanda - seria, visto che parliamo di Dante - su cosa sia la paura per lui, risponde: «Non rispettare la deadline che mi avete dato per l'intervista». Seymour Chwast è vicino ai novant'anni, ed è uno dei più importanti grafici e illustratori americani. Senza il suo lavoro con il Push Pin Studio fin dagli anni Sessanta - tratto giocoso, stilizzato, pop - l'arte grafica internazionale non sarebbe la stessa. I suoi lavori sono sparsi nei musei di tutto il mondo; e se ne ha un bel colpo d'occhio nel recente, ricchissimo archivio online seymourchwastarchive.com.
Si è definito un "generalista", uno che adatta il proprio stile al progetto a cui di volta in volta si applica. Copertine memorabili, poster e manifesti eccentrici, diventati leggendari. Nel bel mezzo della guerra in Vietnam, ne fece uno con la scritta "End Bad Breath" e i bombardieri in azione nella bocca dell'arci-americano Zio Sam. Ancora: libri illustrati per bambini e per adulti, rivisitazioni geniali, da Dante a Chaucer. Quella dantesca la riporta ora in libreria Quodlibet con La Divina Commedia di Dante. Inferno Purgatorio Paradiso.
Dante entra nella selva oscura con un impermeabile da ispettore di polizia, la pipa, gli occhiali scuri. Incontra un Virgilio con bombetta in testa e bastone, che sembra un collaboratore dì Maigret. Ma non è una modernizzazione: il paesaggio dantesco resta quello, con le bestie feroci, le anime dannate, i mostri. A essere contemporaneo è il tono del racconto, svagato e ironico: «Il sottoscritto Alighieri Dante s'impegna a scrivere la storia del suo viaggio nell'aldilà... Ammesso che ritorni». E lo vediamo battere a macchina le sue parole. Sulla scrivania, una bottiglia di buon rosso. Alle sue spalle, una finestra spalancata su Firenze. Chwast racconta a Robinson di avere scoperto Dante quando acquistò una versione della Commedia con «quelle incredibili incisioni». E d'altra parte, della lezione dello straordinario illustratore ottocentesco Gustave Doré qualche traccia si coglie anche nella versione Chwast: il bianco e nero, intanto; e una certa familiarità nelle forme di serpentelli, mostriciattoli e altre creature infernali. «Non è stato per me un lavoro difficile - spiega Chwast - considerato che la Divina commedia è piena di possibilità visive. Dante e io abbiamo usato la nostra immaginazione». Ha scelto di travestire il poeta da detective - «un personaggio a cui i lettori possano legarsi» - perché, in fondo, la sua missione è un'inchiesta, «compiuta per esplorare il mistero della vita e della morte». Con il proprio elegante distacco, l'ispettore Dante spiega a Caronte, il guardiano dell'Inferno, di non essere fra i trapassati: «Avviso il vecchio che non sono morto!». «Ok salga a bordo» risponde calmo Caronte, che somiglia a Capitan Findus. Le pene infernali non sono attenuate: c'è una meravigliosa tavola in cui si vedono i lussuriosi che svolazzano nudi, sferzati dal vento del castigo. «Sconvolto, svengo» conclude Dante, con la stessa asciuttezza delle risposte che ci dà Chwast. «I peccati evocati nella Commedia sono parte della condizione umana e non dovrebbero comportare le pene previste da Dante. Quanto a me, posso permettermi di essere spiritoso, perché non temo di bruciare all'inferno». Faccio l'errore di chiedergli quanto i lettori americani abbiano familiarità con l'universo dantesco. E se in qualche modo c'è di mezzo qualche romanzo di Dan Brown. «Non conosco Dan Brown», risponde. E aggiunge: «I cattolici americani si domandano tuttora se la Commedia di Dante sia un libro di fiction oppure no».
Chwast se la ride, e disegna il cane a tre teste, Cerbero, con musetti neanche troppo offensivi. I guelfi bianchi e i guelfi neri hanno look e pose da gangster. Il Minotauro è una specie di supereroe erculeo. Nel Purgatorio, mentre riconosce quella di Guido Guinizelli fra le anime lussuriose, l'ispettore Dante commenta: «Adoro la sua opera». Così, imperturbabile, serafico. Lo sarà meno di fronte a Beatrice, quando si confessa «divorato dal rimorso». Ma non toglie gli occhiali da sole, e non smette di fumare la sua pipa. Dico a Chwast che gli studenti italiani - e qualche volta anche gli insegnanti - conoscono e amano l'Inferno, un po' meno il Purgatorio e trovano più noioso e difficile il Paradiso. «Hanno ragione», risponde lui. Che pure ha trovato la sua speciale chiave per illustrare le vicende celesti. I mercuriani «raggianti» ballano con abiti anni Venti, l'avo Cacciaguida sembra travestito da Sigmund Freud -- tanto più che, con il dito indice alzato, minaccia: «Ti narrerò le vicende della nostra famiglia». Quando Dante incontra Adamo, li vediamo prendere un caffè a un tavolo. Il primo uomo fuma una sigaretta in costume, manco a dirlo, adamitico. Beatrice ha l'aria di Greta Garbo. Le sorprese arrivano fino all'ultima pagina, stelle comprese.
Gli domando se si sente completamente libero quando disegna. «Mi sento soprattutto in ansia, quando temo di dover ripetere le ultime parole dette da Leonardo da Vinci prima di morire». Cosa disse? «Il mio lavoro non ha raggiunto la qualità che avrebbe dovuto raggiungere». Ai principianti, a chi è all'inizio, dà un unico consiglio. Il suo slogan, lo chiama così: «Lavora sodo e risparmia i tuoi soldi».