Recensioni / Libri. Seymour Chwast, La Divina Commedia di Dante

Il prossimo anno si celebrerà il settecentesimo anniversario della morte del più grande autore italiano di tutti i tempi, Dante Alighieri. L'onda lunga per una simile occasione è già cominciata, i lettori più attenti avranno notato per esempio la serie di articoli pubblicata dalla rivista «L'Indiscreto», in cui è in corso da alcune settimane un commento collettivo ai canti del poema coordinato da Edoardo Rialti, un progetto ambizioso che al momento ha visto coinvolti autori come Michela Murgia, Vanni Santoni, Ilaria Gaspari, Loredana Lipperini e Guido Vitiello. Nell'attesa del settecentenario, Quodlibet pubblica la deliziosa Divina Commedia di Dante di Seymour Chwast, a tutti gli effetti un fumetto, con cui il rivoluzionario grafico d'arte statunitense, illustratore tra gli altri per il New Yorker e del New York Times, entra a far parte della nutrita schiera di artisti che si sono cimentati nel corso dei secoli nella trasposizione in immagini del poema - a fargli compagnia, oltre a Gustave Doré, capofila in questa particolare specialità, spiccano figure del calibro di Sandro Botticelli, William Blake e Amos Nattini. La versione di Chwast però può essere ritenuta a buon diritto unica, irriverente, pop e per nulla intimidito dal soggetto - non c'è traccia di ansie dell'influenza di qualsiasi tipo, né nei confronti del testo né rispetto alle versioni dei colleghi - quella che abbiamo tra le mani è una riduzione fedele, precisa nell'illustrazione sintetica di ogni canto, così come nel richiamo rapido ma esatto di ogni grande personaggio, tutto reso con stile singolarmente démodé. Dante è un investigatore privato anni Venti, con tanto di impermeabile, borsalino e pipa, mentre Virgilio appare in smoking, basso, decisamente tracagnotto e con in testa una bombetta. Molto efficace anche la resa dei baloon, diretti e caustici: "Avviso il vecchio che non sono morto", ci avverte Dante stringendo la mano di Caronte.
"0k, salga a bordo", gli risponde quest'ultimo. Intonate perfettamente con gli abiti dei protagonisti, nonché con le rimembranze delle anime, sfrecciano limousine cariche di dollaroni. Firenze nel canto di Ciacco è rievocata un po' imprecisamente all'ombra della cupola del Brunelleschi, mentre Guelfi bianchi e neri, stretti in gessati da mafioso, si prendono a revolverate dai balconi. Beatrice, piuttosto altera, fa pesare a Dante il suo essere scesa dal cielo, col suo bel caschetto biondo e gli occhi che le diventano così luminosi da risultare insostenibili. Ma il mio spazio si esaurisce e per scoprire la miriade di dettagli che compongono quest'opera non vi resta che procurarvela.