Recensioni / L'influsso del pensiero di Simone Weil sulla letteratura italiana del Novecento

Nel libro Un seme di umanità di Piergiorgio Bellocchio (Quodlibet) viene ripetutamente riconosciuta l'importanza del pensiero di Simone Weil, la filosofa francese alla quale l'associazione Cittàcomune, fondata a Piacenza dallo stesso Bellocchio e da GianniD'Amo, l'attuale presidente, ha dedicato uno dei cicli di incontri su figure chiave del Novecento.
Il saggio Una storia invisibile (Quodlibet) di Angela Borghesi, approfondendo l'influsso esercitato dalla Weil sulla letteratura italiana del Novecento, lo ha riscontrato in particolare su due scrittrici: Elsa Morante e Anna Maria Ortese. «La cosa singolare - premette Borghesi - è che Simone Weil in Italia è stata recepita subito. Le Edizioni di Comunità la traducono immediatamente, appena dopo le pubblicazioni volute da Camus in Francia. Ma ancor prima alcuni saggi erano usciti su riviste notevoli come "Inventario" e "Tempo presente" di Nicola Chiaromonte. Dunque, la diffusione è stata immediata, ma paradossalmente è stata più rilevante per due scrittrici di quanto non sia stata, magari letta sì, ma non riproposta o rielaborata, daifilosofinostrani. Oppure è stata strumentalizzata. Certamente è avvenuto in campo politico: tirata per la giacchetta dalla destra o dalla sinistra o dai cattolici, però mai pienamente capita e mai diventata argomento di discussione».
La ricerca condotta da Borghesi ha ricostruito come Morante «non solo aveva letto molto attentamente, a partire almeno dagli anni Cinquanta, la Weil, di cui possedeva tutta l'opera pubblicata nelle edizioni francesi. Tra i Cinquanta e i Sessanta ci fu un'immersione totale: lo testimoniano le glosse ai libri della Weil conservati nel Fondo Morante della Biblioteca nazionale».
Dagli anni Sessanta fino a metà anni Settanta l'ispirazione si palesa nei volumi Pro e contro la bomba atomica Il mondo salvato dai ragazzini e specialmente nella Storia Per Borghesi uno dei motivi della dura polemica scatenatasi per mesi contro La Storia sta «nel lievito molto attivo di Weil in quel romanzo. Eppure - prosegue - nemmeno in quella polemica furibonda che coinvolge soprattutto gli intellettuali di sinistra la questione delle idee di Simone Weil emerge e viene affrontata».
Rimane quindi «una storia invisibile», nonostante «l'influsso ci sia, ma bisogna volerlo vedere». Diverso il discorso per Anna Maria Ortese: «Secondo me in tutta la seconda parte della sua produzione dagli anni Settanta in avanti c'è una presenza della lettura di Weil. Tra l'altro, Ortese è stata per alcuni mesi all'Olivetti, mandata lì dal presidente di Einaudi. Trascorse a Ivrea, in quel cenacolo industrial-culturale fenomenale, pochi mesi, ma nel frangente in cui le Edizioni di Comunità di Olivetti pubblicavano le traduzioni della Weil e c'era anche Geno Pampaloni. Poi, nel Cardillo addolorato, il romanzo che ha avuto più fortuna della Ortese - a parte Il mare non bagna Napoli - temi come la compassione, la carità, l'attenzione verso gli ultimi, un personaggio come la protagonista Elmina non possono non ricordare anche Simone Weil. Un po' come, in modo più evidente, il personaggio di Davide Segre nella Storia della Morante».