Cortese Augias, nella sua rubrica di venerdì 21
febbraio, lei ha scritto che in politica la
mancanza di «una sufficiente visione umana
rende stolti». Lo suggeriva l'episodio dello
sgarbo di Salvini al presidente Ciampi. La mia
memoria è andata a un libro di recente uscita
che raccoglie scritti di Piergiorgio Bellocchio.
Il titolo della raccolta edita da Quodlibet è
bellissimo: Un seme di umanità. Note di
letteratura. Nello scritto de1 1983 dedicato a
George Orwell, Bellocchio scrive: «Orwell, che
per tutta la vita aveva combattuto l'isteria e
l'odio indotti dalla propaganda politica, non
poté impedire... che il suo romanzo 1984,
uscito nel '49, fosse brandito come superarma
ideologica». Sono passati 40 anni ed è crollato
il muro di Berlino, ne sono passati ancora più
di 30 da quell'evento, ma la miscela di isteria
odio e propaganda politica è rimasta intatta.
Oggi sembra di poter dire che di quel seme di
umanità se ne trovi traccia solo in qualche
libro. Purtroppo, gli stolti vincenti fanno uso
propagandistico anche di quello.
Mi ha fatto piacere la citazione di
Piergiorgio Bellocchio (Piacenza 1931,
fratello del regista Marco) nella lettera del
signor Melandri. Per più di vent'anni, dal 1962
al 1984, i «Quaderni piacentini», da lui diretti
insieme a Grazia Cherchi e Goffredo Fofi,
sono stati un po' l'avanguardia di una nuova
sinistra. Alcuni pensavano che nella loro
visione la parte utopico-estremista superasse
di molto le proposte che potevano essere
politicamente realizzabili. In quelle pagine si
vedeva però scorrere la linfa di un pensiero
vivo, un'ansia di ricerca che avrebbe potuto
dare qualche frutto. Non è successo, non è
rimasto granché. Lo stesso Bellocchio,
nell'intervista concessa al Venerdì del 14
febbraio scorso, ha confessato: «Mi sento
sempre più riformista e mi accontenterei che
funzionassero alcune cose essenziali come
per esempio la sanità pubblica che qui in
Emilia-Romagna è di livello molto elevato».
Almeno una cosa va comunque riconosciuta
a quella rivista: non aver mai perso di vista,
insieme all'impegno intellettuale, la
componente umana (umanistica) del fare
politica. Sicuramente non è un caso se il
nuovo libro di Bellocchio s'intitola Un seme di
umanità. Quelle pagine sono dedicate a note
di letteratura, autori vari ai quali egli dedica
annotazioni critiche e biografiche. I nomi dei
saggisti prevalgono, quando si tratta di
narratori le preferenze vanno, ha ammesso
lui stesso «a quella narrativa che illumina
aspetti della storia sociale». Confesso qualche
rimpianto nel rievocare anni in cui la
discussione politica — utopica, astratta a
volte quasi settaria — aveva comunque un
livello oggi impensabile. Ci sono giorni in cui
come si usa dire cadono le braccia. Caso
esemplare, un uomo come Zaia, in genere
abbastanza composto (atteggiamento non
frequente tra i leghisti), che se ne esce con
l'incredibile frase: «Abbiamo visto tutti i
cinesi mangiare topi vivi». Tutti? Mi chiedo
come sia possibile che l'amministratore di
una Regione come il Veneto usi parole che
prima di essere assurde sono suicide da ogni
punto di vista. Quello dell'interscambio
commerciale ed economico naturalmente
ma anche quello banalmente,
semplicemente umano.