Recensioni / Herzog

Adrián N. Bravi gioca con la scrittura e attraverso l'incredulità riesce a darci storie che stanno in disconnessione con l'ordine, quasi che raccontasse di una terra fuori asse, ma non per questo meno vera. Le sue radici argentine si portano dietro una eco fantastica, anche se scrive - e molto bene - in italiano, e ogni volta stupisce perché non consono, non allineato, non comparabile al resto degli scrittori in circolazione. Nel suo ultimo libro Il levitatore (Quodlibet) convivono la trasognanza di Rodolfo Wilcock e la magica stupidità di San Giuseppe da Copertino, dandoci un romanzetto con la febbre: dove tutto è al limite, sul bordo, non solo il protagonista con nome mitologico-celatiano), Anteo Aldobrandi, che levita sopra le assenze che lo circondano-alcune inquisitorie, altre assolutorie - mentre si barcamena nella assurdità di un processo comico-kafkiano. Bravi è uno scrittore di leggerezza e dettagli, oltre che di fine ironia, che agisce in un registro dello straordinario, e, romanzo dopo romanzo, sta componendo un catalogo dell'assurdo che ci sta a poca distanza e non vediamo.

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