Recensioni / Il libro di Emanuele Quinz uscito per Quodlibet: “Contro l’oggetto. Conversazioni sul design”. Il punto sulla Storia del Design, sulle estetiche e sulle figure più rappresentative del settore.

Nell’ultimo secolo del Novecento il Design è stato messo in trono ed ha trovato illustri creativi che ci hanno consegnato oggetti di diverso genere, attraverso una serie di bellezze, che ci hanno accompagnato nella storia quotidiana più recente. Finalmente un superbo, ricco e composito libro di Emanuele Quinz dal titolo Contro l’oggetto. Conversazioni sul design. uscito per i tipi delle Edizioni Quodlibet (pp. 320+ XVI,170 illustrazioni a colori e bn, 167×240 mm, brossura con bandelle). Leggo: “È impossibile definire il design”. E’ vero, non è facile, diversi hanno sostenuto questa affermazione, così buona parte di colleghi critici e storici del design. Non è routine o l’ammissione di un’impossibilità reale di identificare e delimitare le frontiere di un fenomeno troppo esteso o sfuggente. Come se non si trattasse più di una disciplina all’interno di un sistema delle arti, di un settore professionale e produttivo all’interno di un sistema economico, di un campo di tecniche, concetti, pratiche e tradizioni all’interno di un orizzonte culturale, ma al contrario di una nozione a cui si presta una forma di universalità; il design è tutte queste cose, e molto di più. È dunque, strategicamente, attraverso una serie di conversazioni che Emanuele Quinz ci offre in questo volume, un’analisi comparata di questa disciplina in costante mutamento. L’autore si avvale della propria formazione storica per penetrare nei processi creativi indissolubilmente legati all’arte, e quindi non vincolati a finalità strettamente funzionali. Paradossalmente, infatti, molta parte del design recente nasce contro l’idea del design come produzione ad infinitum di oggetti commerciali, a partire dalla decisiva mostra Italy: The New Domestic Landscape, tenutasi al MoMA di New York nel 1972, che portò alla ribalta la cosiddetta architettura radicale italiana. Le personalità qui interpellate costituiscono, dunque, uno spaccato generazionale che va dai pionieri del «controdesign» di allora, come Ugo La Pietra e Gianni Pettena, ai rappresentanti del design concettuale olandese e del Critical Design degli anni Novanta, fino ad alcuni fra i principali autori dell’odierna scena internazionale, come Martino Gamper, i fratelli Bouroullec o Matali Crasset.
Ecco qui snocciolati i capitoli del prezioso volume: Introduzione, Contro l’oggetto. Conversazioni sul design; La percezione dell’esperienza. Giovanni Anceschi; Il principio del disequilibrio. Ugo La Pietra; Progetti per la mente. Gianni Pettena; Estetica della transitività. Clino Trini Castelli (con Guido Musante); L’eleganza del concetto. Gijs Bakker; La risonanza dell’empirico. Tejo Remy (in dialogo con Catherine Geel); Le contraddizioni del contesto. Jurgen Bey; La sensibilità della tensione. Pieke Bergmans; Realismo magico. Wieki Somers; Effetti di presenza. Aldo Bakker; Strategie della cooperazione. Elio Caccavale; Oggetti performativi. Hehe – Helen Evans, Heiko Hansen;Costruire lo spazio comune. Martino Gamper; La forza della semplicità. Mathieu Mercier e Pierre Charpin (con Luca Marchetti); Modificare le logiche di organizzazione dell’esistente. Matali Crasset (con Francesca Cozzolino); La potenza dell’incompleto. Erwan e Ronan Bouroullec (con Tony Côme); La conoscenza primitiva. Mathieu Lehanneur (in dialogo con Jehanne Dautrey); Il valore dell’instabilità. Robert Stadler; L’accelerazione delle idee. Yves Béhar;Necessità della disobbedienza. Ernesto Oroza; L’ambiguità attiva. Didier Fiúza Faustino (con Jehanne Dautrey); Strumenti di coinvolgimento. Superflex – Bjørnstjerne Christiansen (con Mari Linnman); A Slight Strangeness. Oggetti e strategie del design concettuale; Ringraziamenti; Notizie biografiche.
Il quadro che viene così a comporsi fa chiarezza sulla natura del design del XX e XXI secolo, senza rinunciare a sottolineare non solo la pluralità delle posizioni, ma anche la trasmigrazione delle idee resa possibile dallo status peculiare di questa materia felicemente intermedia fra arte e industria che si avvia a essere sempre più determinante anche per le sorti dell’architettura e dell’urbanistica del nostro tempo.

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