Ricordate l'inizio di Birdman di Alejandro G. Iñárritu dove vediamo Michael Keaton che levita nel suo camerino mentre dibatte con se stesso e la voce fuori campo gli dice che lui è troppo bravo per questi rammolliti del teatro? In una recente intervista radiofonica lo scrittore Adrián Bravi ha dichiarato di essersi ispirato proprio a quella scena per iniziare a scrivere Il levitatore ,piccola gemma del panorama letterario italiano uscita da poco per Quodlibet. «Levitavo. Non ero né un prestigiatore né un fachiro o un eremita che si ritira nel deserto, non ero neanche un medium o un adepto della meditazione trascendentale. Levitavo e basta, come fanno tutte le persone normali. Fluttuare in aria era il mio punto di fuga e di ripiegamento», ci dice Anteo Aldobrandi, protagonista del romanzo, ad un certo punto della storia riassumendo perfettamente con queste poche frasi il senso del lavoro di Bravi. Libro delicato e surreale, Il Levitatore racconta la vita di Anteo, quarantenne disoccupato che si mantiene senza troppe pretese con l'eredità ricevuta dai genitori, trascorrendo un'esistenza placida in quella che potrebbe essere una qualsiasi provincia italiana. Le cose si complicano quando iniziano ad arrivargli a casa una serie di raccomandate che altro non sono se non degli inviti a comparire per rispondere a delle fantomatiche accuse di stalking da parte della sua ex moglie. Partirà da qui un viaggio kafkiano e paradossale che trasporterà il lettore in un mondo fantastico che gli farà varcare i confini della realtà.