Spartaco Asciamprener muore in un
incidente stradale il 13 ottobre 1954.
La sua auto, prima di schiantarsi contro
un platano, rimbalza su un paracarro ed
esce fuori strada. Spartaco ha 39 anni, è
il titolare di una vetreria ed è un appassionato di libri e motociclette. Non solo,
nel 1951, tre anni prima, aveva curato
per Garzanti le Lettere d'amore, che Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti si
scambiarono tra il 1907 e il 1912. 126 lettere, 40 di Amalia e 86 di Guido. Oggi le
lettere le ripubblica Quodlibet, la coraggiosa casa editrice di Macerata.
"Se vieni da me, salti nell'abisso",
scrive Kafka a Milena il 13 giugno 1920.
Lo stesso avvertimento potrebbe essere
affisso all'entrata di questo epistolario.
Basta leggere questa lettera, datata 2 dicembre 1907, di Amalia Guglielminetti,
in risposta all'ennesimo "addio" di Guido: "Ma non è possibile che partiate così.
Verrete mercoledì: non mi chiederete
perdono, non ci daremo delle spiegazioni, non ci diremo niente. Lasceremo solo
le nostre anime un poco vicine e le nostre mani un poco congiunte prima di
lasciarci per tanto tempo. Sarà una piccola tregua di sogno per Voi e per me.
Dimenticheremo che ci sono le cose e gli
uomini e le donne. Ci parrà d'essere soli
nel mondo, o d'essere fuori del mondo.
Se vorrete vegliare ci guarderemo in silenzio, se vorrete dormire poserete la testa sulla mia spalla. E poi ci diremo ad dio. Venite".
Il ritmo è quello di una versificazione,
la tensione è propria di una narrativa
cosciente, praticata in altre occasioni, figlia di una emotività tutta femminile.
Amalia è nata nel 1881, Guido nel 1883.
La Guglielminetti (che fu poi l'amante di
Pitigrilli) muoveva passi da faraona nell'ambiente torinese; aveva scritto Le vergini folli, e conosceva Ada Negri e Dino
Mantovani, era un po' restia, questo va
detto, quando doveva spendere parole
d'amore per le sue colleghe (Sibilla Aleramo, scrive in una lettera indirizzata a
Gozzano, "veste malissimo, ha quasi l'aspetto d'una governante di buona famiglia che porti i vestiti smessi della padrona"). Nonostante Guido Gozzano non abbia bisogno di presentazioni, ci piace
mettere in luce un ante Gozzano, ossia il
ventenne che confida alla sua amata di
aver "abbozzato una poesia, in endecasillabi e sestine; la poesia è bella, i versi
sono brutti. E' un richiamo d'una cocotte
che conobbi a Cornigliano Ligure, avevo
cinque anni!". Il resto è nelle antologie
scolastiche (incrociamo le dita).
L'intimità epistolare non è un registro
di completo amore. Gozzano diserta molti degli appuntamenti che concede, la volontà di stare assieme compare e scompare, i due amanti guidano altalene sentimentali frequenti, sono pochi i nodi
che vengono al pettine e molte le attese
disilluse. Gozzano, affetto da tubercolosi, viaggia molto, alla ricerca di una guarigione definitiva (non scordiamo che già
nell'adolescenza scriveva dei sui "marci
polmoni"); si rifugia in numerosi eremi,
da Noasca a Ceresole Reale, da Ronco
Canavese a Bertesseno, per poi andare
in Egitto e in Arabia.
La corrispondenza, mettiamola così, è
l'attestato d'amore finale di due poeti
nei confronti della poesia, e per comprenderlo a pieno basta leggere una
delle prime lettere, nelle quali Gozzano tenta di spiegare cosa significhi essere innamorati davvero di una poesia: "Significa questo: averne la presenza nel cervello, con una dolcezza
quasi importuna, sentirne pulsare il
ritmo di continuo nelle cose più diverse e più bizzarre: nel mare, nel treno,
nel ticchettio dell'orologio, nel soffiare del vento tra i palmizi, nel contare
le gocce di creosoto, nel tinnire delle
posate".