Recensioni / Manganelli genio dispettoso

Appuntamento tra due anni esatti, nella Hall of Fame, l'arca di gloria delle belle lettere. Se proprio vi darà l'orticaria vederne il busto accanto a quelli di Dante, Leopardi e Manzoni, dovrete però accettarlo nella sala di Calvino, Eco, Gadda. Giorgio Manganelli, detto "il Manga", compirà nel 2022 cento anni dalla nascita. L'anniversario tondo sarà l'occasione per cambiare definitivamente status, dopo la lunga carestia del silenzio e una lenta riscoperta. Lietta, l'unica figlia nata dal matrimonio con la moglie Fausta, ne sta scrivendo la biografia. Si annuncia straordinaria e dovrà essere pronta per il centenario. Lei ci lavora da un lustro. Ma il compito è arduo. "Il Manga" è il personaggio più indecifrabile della nostra letteratura.Anzi, fatti alla mano, non sembra proprio un letterato.
Enigmatico non meno per la figlia che per noi. È paragonabile ai diecimila frammenti in lingua etrusca attualmente in mano agli studiosi: l'alfabeto è stato capito, il linguaggio mai. Scrittore scaleno, asimmetrico, sorprendente: si attaglia a lui quel che si dice da secoli su Apuleio; alla fine sempre coerente e compiuto, però solo a modo suo. E questo tanto nella narrativa che nella vita. È come un automa rinascimentale. Più lo apri, più scoprimeccanismi. Prendete gli anni di guerra. Non basta documentare che è stato partigiano. No, per uno come lui sarebbe poco. Invece conosceva alla perfezione il tedesco, dunque il suo lavoro era infiltrarsi oltre le linee nemiche, spacciandosi per crucco. Come in Bastardi senza gloria di Tarantino.
Guardi le foto e non te ne capaciti. Non ha nulla di Brad Pitt, protagonista di quel film, ma questo ancora passi. Annotò Cristina Campo: «Intelligenza brillantissima, una bruttezza che strazia l'anima». «E invece non è vero, è un luogo comune» ribatte la figlia Lietta. «Brutto era brutto, ma quando l'intelligenza si accendeva e lo illuminava,gli cambiava tratti del viso e fisionomia». Tante falsità sudi lui, lamenta l'erede. Fin quasi alla calunnia.«Una volta hanno persino scritto: Manganelli scoprì solo in tarda età di avere una bambina. Non era vero. Non sono illegittima. Era sposatissimo con mia madre».

L’arte di recensire
A rimediare a tanta confusione storiografica, nell'ormai ricco catalogoAdelphi sull'autore milanese, ora è arrivato anche Concupiscenza libraria, 454 pagine di saggi giornalistici apparsi su riviste e quotidiani, a cura di Salvatore Silvano Nigro. «Un progetto biblico» lo definisce Lietta, «questo è solo il primo di due volumi. Riunirli era impossibile, il libro - per via del peso - sarebbe diventato un'arma impropria». Anche Nigro, il curatore della raccolta, ha definito la situazione editoriale dello scrittore perlomeno singolare: «Manganelli ha pubblicato più da morto che da vivo». Un peccato. Perché oltre alla narrativa pura, è in lavori come questo (o come nel noto La letteratura come menzogna) che si comprende quanto il genio di Manganelli non abbia eguali. La sua arte è quella della recensione intesa come un'arte. Quando sale su questo ring, l'ex partigiano evade dalla lampada magica, sprofonda come un palombaro nelle opere che tratta, ne riemerge con la loro anima selvaggia stretta tra i denti, a mo' di preda. Infine, sintetizza felicemente il tutto in poche righe straordinarie, scoprendo sovente inaspettate novità anche negli studiatissimi Padri della Chiesa oppure nell'abbondantemente radiografato Omero.
Un caso unico. Lo studio della letteratura inteso come guerra. Ma per raccogliere questi scritti sparsi c'è quasi da invidiare chi va in miniera. Dice Lietta: «Era disordinato,non conservava nulla, non si ricordava di cosa aveva scritto, diceva sempre: ormai è andato, un figlio già cresciuto, non so più dove sia. Quando sono entrata alla «Gazzetta di Parma» per cercare i suoi primi pezzi del '48, mi sono ritrovata immersa nella polvere di giganteschi faldoni. Niente computer, non puoi fare fotocopie. Devi cercare a mano, poi se trovi devi ricopiare. Ci vorrebbe un esercito di amanuensi. Per fortuna quella volta erano solo quattro articoli. Papà mi ha voluto bene».
Lietta ha 74 anni. Nata che il padre ne aveva 24, oggi è impegnata in un corpo a corpo con il genitore. «Lavoro a tempo pieno alla biografia. Faccio ogni giorno scoperte che lasciano a bocca aperta anche me. Non solo è stato partigiano, messo al muro dai fascisti come disertore di Salò, dove non mise mai piede, e scampato per miracolo alla fucilazione. Ma quando in Emilia, a Roccabianca, i tedeschi erano in fuga e gli Alleati non ancora arrivati, è stato sindaco del paese per una settimana. Reggeva tutto lui. E prima, quando ha vissuto nascosto dal '43 al '45, grazie alla perfetta conoscenza del tedesco, si infiltrava tra le linee nemiche. Di notte incontrava Angelino, un ragazzo di 14 anni oggi ancora in vita, il quale portava in montagna le notizie scoperte da mio padre sui movimenti delle truppe tedesche lungo il Po. Non ne ha mai parlato, non si è vantato, non ha chiesto onorificenze. Anzi, diceva sempre che la sua unica dote era la vigliaccheria. Ma dopo la guerra è crollato».
Un genio eroe? Lietta sorride: «Un dispettoso, piuttosto. Ancora oggi ci litigo. Gli ingiungo di farmi trovare una data pagina. La cerco pergiorni,niente. Poi apro il primo cassetto e salta fuori. Un suo dispetto. Manganelli veniva da una famiglia parmense benestante. Suo padre era procuratore di Borsa, certamente di origine ebraica. La madre,Amelia, era maestra,ma soprattutto una potente medium. Aveva un rapporto pessimo con lui. Ho indagato: era rimasta orfana a 11 anni, suo padre maresciallo la mandò in collegio, mentre tenne in casa l'altra sorella poliomielitica. Era cresciuta infelice, rese infelici gli altri».
Ogni famiglia è infelice a modo suo? Lietta cita il padre: «Mi ha insegnato a non dare giudizi sommari. Mi chiedeva sempre: sei sicura? Perché non provi a guardare le cose dall'altra parte? È andato via che avevo tre anni, poi ci siamo riavvicinati ai miei 18. Con mamma viveva separato in casa. Una volta al giorno c'era l'ora della favola, quella di San Giorgio e il drago. Ma vista sempre dalla parte del drago.Ancora oggi se ho un problema apro un libro di papà. Come si fa con la Bibbia. Mi aiuta sempre a trovare una risposta. Questa è la sua forza, il motivo del suo attuale rilancio».
Per anni era scomparso. Racconta ancora la figlia: «Bussavo alle porte delle case editrici.Mi rispondevano: anche se lo ristampiamo, non fa più di mille copie. Manganelli era diventato un problema commerciale».Anzi, potremmo definirlo addiittura un flop. E poi? «Poi si è scoperto che di scrittori veri ce ne sono pochi, che una nuova letteratura non c'è mai. Adesso si rivalutano quelli che grandi sono sempre stati».

Revival nei centri sociali
Riconquistare la fama ha richiesto, però, scorciatoie da brividi per l'uomo che lavorò con Eco e Calvino,militò nel Gruppo 63, scrisse per «L'Espresso» e «il Mondo» (ma anche per «L'Europeo», «Epoca» e il «Corriere»), fu consulente editoriale di Mondadori, Einaudi, Adelphi, Garzanti e Feltrinelli, tradusse Poe, Elliot e James. Il suo rilancio, racconta la figlia, è passato dai rasta, dai centri sociali, dall'attore Gioele Dix. Sconcertante? Non per Lietta. «Qualcuno dica pure di Gioele Dix che è un attore improponibile, ma quando ha portato in teatro L'uomo degli appuntamenti ha fatto esaurito per cinque sere di fila, al Franco Parenti di Milano. E quando si ripresero fare i primi, isolatissimi dibattiti su Manganelli, i professoroni si indignavano che a parlare di lui erano soprattutto ragazzi con i capelli rasta. Quindici anni fa mi invitarono al Brancaleoni, il centro sociale di Roma.Abbiamo fatto due serate stracolme fino all'alba. Così Manganelli è uscito dal silenzio, con il passaparola del pubblico di nicchia».
D'accordo, ma ci sarà un perché. Lietta è fulminea: «Sa cosa diceva Franco Maria Ricci? Peccato non possa mandarci un reportage da dove è adesso, sarebbe sicuramente meraviglioso. Manganelli dice sempre quello che non ti aspetti. Lo considerano un folle adatto solo ad una élite come Landolfi, Cavazzoni, Celati. Solo perché scrive con la pancia e mai con la testa, dimostrando che si può essere molto intelligenti anche così. I lettori hanno bisogno di questo. Per me Manga è come Spiderman». Come, scusi? Intende l'Uomo Ragno? «Sì, quello. Servirebbe così tanto all'Italia di oggi»