Recensioni / Romanzo allargato

Perché parlare di questo libro come di un romanzo? Come spiega bene Emanuele Trevi nell'introduzione, il commento garboliano a trenta poesie di Pascoli che prendono poco più di trenta pagine su cinquecento (in massiccio formato tascabile), e che ha peraltro il suo fulcro in una stupenda cronologia, è uno dei culmini della nostra storia letteraria recente. Ed è, se si allarga un poco il concetto di romanzo immiserito dai narratori contemporanei, un vero e grande romanzo. Familiare, perché la vita di un maschio infelice come Pascoli fu segnata dal rapporto intenso e doloroso con le sorelle, in una storia di repressione, frustrazione e infelicità, di sublimazioni forzate e accettate. La famiglia è il centro di questa vicenda, da sempre luogo della sopravvivenza e della coercizione, dell'edipo e dell'incesto e però oggi tornata a essere "unico rifugio in una società senza cuore" (Lasch). Cesare Garboli (1928- 2004) è stato un grande critico ma anche un grande moralista (e i suoi Ricordi tristi e civili andrebbero letti nelle scuole) e questo "commento" è forse il suo capolavoro. Si comprende e si ama Pascoli perché si comprende e si ama Garboli, uno studioso che sa narrare e innovare, e che avrebbe tanto da insegnare a coloro che scrivono romanzi non avendo niente da scavare e da comunicare.