Recensioni / Michel Leiris, L’Africa fantasma

Stanco della vita che conduceva a Parigi, considerando il viaggio un'avventura poetica, un metodo di conoscenza concreta, una prova, un mezzo simbolico per fermare la vecchiaia percorrendo lo spazio per negare il tempo, l'autore, che si interessa all'etnografia in ragione della portata che egli attribuisce a questa scienza nella chiarificazione dei rapporti umani, prende parte a una missione scientifica che attraversa l'Africa». Così Michel Leiris rievoca le ragioni che lo spinsero a far parte della missione etnografica e linguistica Dakar-Gibuti come segretario-archivista e ricercatore. Un viaggio che dura quasi due anni (maggio 1931-febbraio 1933) e che sarà ricordato soprattutto per L'Africa fantasma (1934). Lungo questo diario, «in cui sono annotati alla rinfusa eventi, osservazioni, sogni, idee», Leiris prende coscienza di sé, dell'impossibilità del resoconto oggettivo di una mistanto più coloniale, e di come ogni esperienza sul campo abbia un valore iniziatico e non didattico. Il volume, sequestrato negli anni della Repubblica di Vichy, ha avuto due ulteriori edizioni (1951, 1981) a cura dello stesso Leiris, divenendo la sua opera più celebre e un classico della letteratura, non solo di viaggio, del XX secolo. Insieme a Cuore di tenebra è considerato uno dei libri più importanti scritti da un occidentale sull'Africa.
Dopo molti anni, L'Africa fantasma torna, oggi a disposizione del lettore italiano per le cure di Barbara Fiore, che, integrate le annotazioni delle varie edizioni francesi, ha arricchito l'opera con una sua postfazione. Completano il volume. Michel Leiris, nato a Parigi nel 1901, è stato poeta, scrittore, etnografo e amico dei più grandi artisti e scrittori del suo tempo. Nel 1924 prese parte al movimento surrealista, ma se ne distaccò cinque anni più tardi. Dal 1930 si dedicò alla scrittura e dal 1934 lavorò come etnografo al Musée de l'Homme, professione che lo portò a fare lunghi viaggi in Africa, nelle Antille, in Cina e a Cuba. Partecipò al Collège de sociologie e dal 1946 fu redattore di «Les temps modernes». Ricevette nel 1952 il Prix des Critiques e nel 1980 rifiutò il Grand Prix natomi. des Lettres. Scomparso nei 1990.