Recensioni / La Fase 2, Adrian Bravi, il Levitatore e noi

In questo momento di crisi e isolamento, la lettura sta rappresentando per molti un’ancora di salvezza, una fune di fuga dalla grigia routine della quarantena e dalle pletoriche notizie della ‘tv-coronavirus’. Con Adrian Bravi, scrittore di Buenos Aires trapiantato nelle Marche, dove lavora come bibliotecario all’Università degli Studi di Macerata, abbiamo parlato di libri e scrittura ai tempi dell’emergenza coronavirus.

1. Il protagonista del tuo ultimo libro, Il Levitatore, edito da Quodlibet, è questo strano personaggio che sin da bambino è capace di levitare. Nella levitazione, che si può ottenere solo in una condizione di tranquillità, l’importante è mantenere l’equilibrio. Alcuni eventi, però, catapultano il protagonista nella realtà e lui a quel punto non riuscirà più ad alzarsi da terra nemmeno di un centimetro. In un contesto surreale come quello che stiamo vivendo, chi è il Levitatore?

Bravi – Il Levitatore siamo noi. Lui è abituato da sempre a ‘sgravitarsi’ e all’improvviso viene sbattuto nella dimensione della realtà. È un po’ la nostra condizione. Il virus è piombato all’improvviso e in un certo senso ci ha costretto a fare i conti con una realtà che non comprendevamo e che vivevamo senza avere a che fare forse con la vera interiorità di cui tanto parlavamo. Ora ci fermiamo a pensarci quantomeno, ci riflettiamo di più. Il Covid-19 ci sbatte in faccia la realtà ed ecco che non riusciamo più a ‘sgravitarci’. Ma riscoprire l’interiorità è importante, sicuramente ci fa apprezzare ciò che c’era di apprezzabile prima e rivedere altre cose.

2. Letteratura e quarantena. La sua penna ha risentito di questa situazione
Bravi – Mah, non troppo. Ho avuto tempo. Molto tempo per riflettere, per leggere e soprattutto per finire il mio nuovo romanzo . Ma l’argomento non c’entra nulla e non ha subìto forti contaminazioni. Sicuramente questo tempo infinito può generare anche ansie: ansie dell’incertezza, delle tempistiche, dei contagi… So di molti autori che si sono dati al genere del diario, sicuramente molto adatto alla situazione. Io stesso sto collaborando alla stesura di un’antologia della quarantena, ma tratto la situazione di traverso, non di petto. Racconto magari episodi divertenti come può essere la capsula di un dente che salta e il dentista che è chiuso.

3. Quanto è stata importante per lei la lettura durante la ‘chiusura’? Tra i libri letti, quali consiglierebbe?
Bravi – La lettura è stata fondamentale. Mah, ne ho letti davvero tanti! Dall’ultimo di Silvia Ballestra ‘La nuova stagione’ a ‘Divisione della natura’ di Scoto Eriugena, a testi di Ricardo Piña … ah, e “Aiwa” di Sergio Bizzio! È molto divertente: parla di un’epidemia in cui a tutti gli uomini cominciano a crescere le tette. Da lì problemi di identità, di vergogna perché nessuno si vuol far vedere … Libro simpatico ma intelligente.

4. Qual è il tuo rapporto con l’editoria italiana?
Bravi – Ho sempre avuto un buon rapporto con gli editori, sia qua che in Argentina. Credo che per uno scrittore sia buono pubblicare per diversi editori. Il mio nuovo libro ad esempio si addice esattamente alla casa editrice Quodlibet e alla sua collana ‘Compagnia extra’. È uno scambio: un libro dà identità alla collana e alla casa editrice in questione e viceversa. Poi teniamo conto che siamo in momento in cui tutta la filiera è in crisi, quella dell’editoria ancora di più: diverrà sempre più difficile stampare e scegliere con quale editore pubblicare.

5. Una domanda un po’ curiosa, per chiudere. Attraverso gli occhi di quale personaggio letterario ti piacerebbe vedere questo periodo?
Bravi – Difficile … ma probabilmente Josef, il protagonista del ‘Processo’ di Kafka. Sarebbe molto interessante.

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