Recensioni / L'ambiguo diritto della natura

"La natura lancia un allarme", "la natura si riprende i suoi spazi", "la natura si vendica", "la natura non perdona". Negli ultimi mesi, di fronte a una concretissima emergenza, ci si è spesso rifugiati nell'astrazione che fa della natura una persona danneggiata e bisognosa di riparazione. Questo libro dimostra che per quanto questa idea abbia una lunga genealogia, le cose non sono sempre state pensate così. È vero: già da qualche tempo per contrastare la crisi ambientale e climatica alcuni giuristi propongono di fare della natura un soggetto titolare di diritti. Sembrerebbe una buona soluzione, se non fosse che, come qui racconta lo storico Jacques Chiffoleau, è dal medioevo che s'invocano crimini contro la natura e che tale operazione protegge in realtà l'ordine sociale e politico esistente. Molto diversa era la situazione nell'antica Roma, delineata qui dallo storico del diritto Yan Thomas. Non si presupponeva una natura superiore rispetto ai rapporti tra gli uomini, ma la si chiamava in causa quando poteva servire a risolvere specifici problemi. Secondo il curatore, il filosofo del diritto Michele Spanò, si tratta di uno spunto interessante anche per noi. Di fronte a catastrofi, crisi ed epidemie ad aver bisogno di protezione giuridica non è la natura, ma gli individui, i gruppi e i collettivi colpiti: loro sì, meritevoli di diritti.