Molto opportunamente questa riedizione di L’Afrique fantome di Michel Leiris è accompagnata da una selezione di 40 fotografie — realizzate tra il 1931 e il
1933, durante la spedizione Dakar-Gibuti di cui il libro
costituisce in qualche
modo il diario etnografico — appartenenti alle
collezioni dei Fonds
Marcel Griaule nella Bibliothèque d'Ethnologie
Eric-de-Dampierre di
Parigi. Opportunamente perché costituiscono
una chiave importante
per interpretare l'opera,
la missione, il periodo in
cui si collocano.
La spedizione, che attraverserà
l'Africa da costa a costa, guidata da
Marcel Griaule e con la partecipazione costante, oltre che del surrealista dissidente Leiris (aggregatosi
per fuggire, attraverso il viaggio nello spazio, alla distruttiva azione del
tempo), di André Schaeffher, Deborah Lifchitz, Eric Lutten, Jean Mouchet e Gaston-Louis Roux, segna un
punto di svolta per la conoscenza
scientifica dei luoghi visitati e per
l'etnologia e la museologia francesi.
Si trattò di una raccolta di "3.600
oggetti; annotazioni di 30 lingue;
una importante collezione di pitture antiche e moderne provenienti
dall'Abissinia; una collezione di oltre 300 amuleti e manoscritti etiopici; 6.000 fotografie; 15.000 schede"
(Fiore). Cui si aggiunsero 1600 metri di pellicola cinematografica e 120
registrazioni sonore.
La scelta antologica è equamente
divisa tra la narrazione dello sviluppo della spedizione e delle vicissitudini dei protagonisti e la documentazione degli usi, dei costumi, degli
abiti e degli addobbi, degli insediamenti, degli oggetti, delle iscrizioni
delle popolazioni visitate. Lo stile è
per lo piè oggettivo, neutro, poggiato su una visione frontale e su campi
medi o lunghi; i ritratti dei soggetti
nativi sono caratterizzati da una certa vigilanza reciproca, che mostra il
grado di distacco che una spedizione
che "attraversa" un territorio senza
soffermarsi, produce. A volte alcune
scelte formali ardite e fuori dal consueto approccio documentario s'intravedono (ombre cinesi sui muri,
dettagli inusitati rispetto alla scena
principale, riflessi su superfici che intersecano il soggetto) a testimoniare
un affioramento del sostrato surrealista che è alle spalle della missione
e che è testimoniato nelle note di
Leiris.
Le immagini sono realizzate da
Griaule, Leiris e Lutten. Griaule è
ritratto, forse proprio da Leiris, nella
sua tenda, in cui ha organizzato una
sorta di laboratorio fotografico, dal
momento che lo sviluppo dei rulli
era da lui fatto sul posto; Leiris aveva
l'incarico, oltre che di segretario e
storiografo della spedizione, anche
di ordinatore dell'archivio fotografico e delle sue note informative;
Lutten era incaricato di girare i film
e, per posizione, si trovava spesso
vicino alla fotocamera, o alle
fotocamere (si vede a volte, nel complesso
della documentazione, come i punti
di ripresa per una medesima circostanza siano più di uno, o come lo
stesso evento sia fissato su pellicole
diverse). Dunque gli autori dovettero essere tre: tutte le immagini,
però, sono attribuite a
Griaule. E questa scelta fu consapevolmente
perseguita. Nella logica
etnografica dell'epoca,
infatti, particolarmente
nella versione altamente
professionalizzata del
direttore della spedizione, "figura emblematica
della istituzionalizzazione dell'etnologia in
Francia", la fotografia
non aveva autore, era del
tutto oggettiva; l'anonimato aveva
la funzione di ridurre la soggettività.
Immagini senza autore, largamente
appoggiate a un apparato informativo scritto, standardizzato e molto
preciso nei suoi rilievi di fondo, documenti, dati.
La spedizione nasce in un momento
di ritardo della cultura museografica
ed etnografica francese, ma di straordinaria forza intellettuale e artistica
del paese, sancendo
l'incontro tra surrealismo ed etnografia: e il primo era latore di una raffinata
meditazione sulle
forme della rappresentazione artistica
e della fotografia.
Ma anche di un
profondo antagonismo rispetto alla
cultura dominante,
all'imperialismo,
al colonialismo. Si
banalizza spesso il
suo messaggio pensando che il ricorso
all'arte primitiva
che il movimento
perseguì, assieme
a quello dada e al
cubismo, fosse il risultato di una mera
ricerca estetica, del
rifiuto verso una
classicità esausta
e dell'attenzione
verso forme che contribuissero a
reindirizzare la visione occidentale.
Si dimentica però che la scelta del
primitivo è, per larga parte di questi
movimenti, legata al rigetto politico
del sistema borghese e a una forte e serpeggiante istanza marxista.
Attorno alla glorificazione del colonialismo, che in modo diretto e
indiretto spedizioni etnografiche e
coeve esposizioni relative ai mondi
primitivi promuovevano, si svolge una contestazione intellettuale,
estetica e politica di grande rilievo.
La spedizione riunisce e giustappone temporaneamente le due anime
profondamente diverse dell'interesse verso i mondi primitivi, verso
l'Africa in particolare. Già nella sua
stessa vicenda materiale: essa risulta
infatti da una delibera e da un finanziamento dello stato francese, ma
anche dall'intervento di numerosi
mecenati e privati sostenitori, alcuni
dei quali di netta impronta progressista. Ciò genera tensioni e contraddizioni, di cui l'affascinante scrittura
di Leiris, nelle iniziali inteniioni
cronologia di una spedizione, nella
pratica sempre più giornale intimo,
è risultato e narrazione.
Tra i finanziatori privati vi erano
Charles e Marie-Laure de Noailles,
sostenitori dell'impresa surrealista,
tra i patrocinatori, assieme a Georges Wildenstein, della rivista "Documents"; centrale nell'elaborazione
delle filosofie critiche dell'epoca, e
mallevadori della riorganizzazione
del sistema etnografico-museale di
Parigi (per loro mediazione, Louis
Buñtlel, che poi rinunciò, avrebbe
dovuto essere il cineasta della spedizione).
Le fotografie sono testimonianza
di una contraddizione e di un distacco tra arte, letteratura ed etnografia,
di un'inconciliabilità causata dalla
vocazione istituzionale e coloniale
della scienza sociale francese di quel
momento, divergente dai propositi
di parte importante dell'intellettualità che pure le era vicina. E indirettamente spiegano anche perché il
diario di Leiris, in cui sono quotidianamente annotate, con ironia e
amarezza, le grettezze e gli opportunismi di un viaggio che resta profondamente coloniale, divenisse inconciliabile con la spedizione stessa
e iniziasse a vivere di vita autonoma,
sebbene tra mille avversità e censure.