Non sono un linguista, ma pare
che un'etimologia di "birichino" sia ricondotta a "Barachin", che
nei dialetti settentrionali è il nome
di un diavolo. E in fondo anche
"monello" viene da "demonello';
al pari del napoletano "cifariello ,
che è un derivato di Lucifero. Cosa
c'entra tutto questo con La Comune di Parigi e l'Europa della Comunità, di cui è bene ritrascrivere, e
dunque sottolineare, anche il sottotitolo: Briciole di immagini e di
idee per un ritorno della Commune
de Paris (1871)? C'entra perché il
suo autore, in più di un'occasione, non esita a definire il suo libro
"un saggio birichino". E dunque,
aggiungiamo noi con i quattro
spiccioli di storia della lingua che
abbiamo in tasca e che abbiamo
impavidamente speso, è Curreri
stesso a porsi come un piccolo demone. E i demoni, si sa, spingono
alla tentazione. Quale nello specifico? Quella appunto denunciata
nel titolo: recuperare le istanze
profonde della Comune di Parigi, e
porle al centro di quella che possiamo definire la "comunità" europea
(senza maiuscole).
A fronte di un'importanza storica evidente, la Comune non ha
avuto una grande fortuna letteraria. Si rintracciano certamente
qua e là dei prelievi, ma il risultato
quantitativo è risicato rispetto ad
altre esperienze rivoluzionarie e di
rottura. Oppure, e qui Currieri si
dimostra un fine storico della cultura contemporanea, la Comune
ritorna in tempi recenti sotto forma di fumetti, ossia in un'espressione artistica che per rapidità
possiamo chiamare di consumo,
laterale, periferica; ma forse non
secondaria.
Il demonismo del saggio è proprio nell'indagare le cause dell'estromissione: un'indagine che assume, con toni anche monelleschi
(et voilà l'altra faccia del "birichino": il monello, la birba, il discolo),
le forme di autocoscienza di una
classe intellettuale novecentesca
che ha reagito malamente alle pulsioni più profonde del 1870.
La Comune, lo ricorda Curreri recuperando le diverse letture
dell'evento storico, fu innanzitutto antiborghese: come dice il
termine, immaginò una divisione
dei beni e delle risorse del tutto
diversa, e dunque un'abolizione
dei privilegi in atto. Non solo, ma
quanto succedeva a Parigi doveva
poi estendersi, per positivo contagio, alle altre città europee, creando
dunque le condizioni per un'altra
(paritaria) prospettiva europea:
"da questa prospettiva, è facile anche capire che la città-comune di
Parigi, che all'ora x ci è andata comunque vicina, è stata tradita non
da sé stessa ma dalle altre città". E
poi, una volta morta storicamente,
è stata abbandonata anche dai ceti
colti, che maggiormente temevano di perdere la loro condizione
di predominio sociale: "agendo e
cacciando per davvero, anche concretamente, le élites borghesi, (...)
purtroppo non si tarda a capire (...)
che coloro che sono più estranei a
questo tentativo e se ne allontanano con non poca saccenteria sono
proprio gli intellettuali". A quel
punto l'effetto domino è catastrofico: la letteratura non contribuisce
al mito positivo, la nuova sinistra
europea allontana "il realismo della
Commune in seno a una leggenda
negativa", e l'Europa si amputa di
uno dei suoi tratti fondamentali.
Ma non tutto è perduto; e i demoni servono proprio a farci credere che sia possibile un altro giro
di ruota; magari nell'astrusa forma
del fumetto, che rimette in circolo "idee birichine" ed egualitarie.
È "forse l'impegno più ingenuo"?
Forse, ma proprio perché in-nato
(ingenüus), insopprimibile; pena la
morte.