Colloqui con il professor Y è uno strano
pamphlet di Céline pubblicato nel
1955 (in Italia nel '71 da Einaudi e oggi
ripreso da Quodlibet). Scopo del pamphlet: rompere il muro del silenzio che circonda
ormai lo scrittore, colpito, dopo i libelli antisemiti,
da diversi anatemi, tra cui quello di Sartre. Raboni
ha scritto che tutto sarebbe più semplice se i libri
che contengono idee sbagliate fossero brutti.
Céline finge dunque di farsi intervistare da un
certo Colonnello Y e il fittizio Colonnello recalcitra: è
anche lui un aspirante autore Gallimard e Céline ce
l'ha proprio con il celebre
editore che pubblica i suoi
libri e non fa nulla per lanciarli e farne parlare adeguatamente. È ricco, scrive
Céline, è praticamente una
cassaforte e non pensa ad
altro che ai soldi.
Lo scrittore, in pratica,
difende se stesso e il suo
stile. Che è poi quello coltivato da sempre ed
esploso di libro in libro, a cominciare dal Viaggio al termine della notte per finire col postumo
Rigodon. II celebre stile "parlato", che però si ottiene lavorando sulla parola e sulla frase e non semplicemente
registrando "dal vivo". Bastasse registrare "dal
vivo", tutti sarebbero grandi scrittori. «Mi hanno
messo l'etichetta di attentatore, stupratore della
lingua francese...fin dal `32».
Il colloquio con il Colonnello, tra l'altro debole
di vescica e talvolta costretto ad allontanarsi, è una
colluttazione (comica) continua. Céline non fa
sconti a nessuno e distrugge tutto quello che tocca: l'umanità per prima e poi, naturalmente, gli
altri scrittori. Tema costante. Anche in Rigodon
spara sulla letteratura contemporanea. Céline è un
"caso" che non si chiuderà mai. I Colloqui hanno
una introduzione di Martina Cardelli e un'antica
postfazione di Gianni Celati.