Recensioni / Teoria dell’eteronimia – Fernando Pessoa

Fernando Pessoa è un gomitolo ingarbugliato dall’interno. Antonio Tabucchi giustamente definisce Pessoa il poeta più complesso e vasto del Ventesimo secolo. Con tutto il suo baule pieno di gente, lo scrittore portoghese ha attraversato il proprio tempo elaborando formidabili intuizioni razionali, sentimentali e soprattutto epifaniche.

Pessoa ortonimo e eteronimo, il genio che è stato capace di interpretare il Novecento con il suo inimitabile intreccio di voci, che proviene dal fondo di una coscienza di un unico individuo che ha saputo essere un grande e irraggiungibile poeta.

Ed è proprio la sua spiccata eteronimia a fare di questo scrittore straordinario una delle figure più misteriose e affascinanti della letteratura di tutti i tempi.

Quodilibet manda in libreria Teoria dell’eteronimia, un volume che per la prima volta raccoglie tutti i frammenti in prosa che Pessoa, nell’intera sua opera, ha dedicato al tema dell’eteronimia, il progetto letterario che consiste nella creazione di opere e autori fittizi dotati di personalità e biografie.

Il grande scrittore portoghese confessa di aver inventato i suoi eteronimi perché non ha mai imparato a vivere.

Un vero e proprio zibaldone metafisico in cui Pessoa sente tutto quello che vive e nelle parole si mette a nudo fino a scoprire il fianco, a mostrarsi plurale con tutti i suoi eteronimi, confessando che sin da piccolo egli ha sempre avuto la necessità di aumentare il mondo con personalità fittizie che stanno tutte nel forte tratto di isteria che si portava dentro.

Pessoa così diventa un autore umano sempre in attesa di altri io. L’eteronimo è una persona immaginaria cui si attribuisce un’opera letteraria, provvista di autonomia di stile rispetto all’autore.

L’eteronimo sente e pensa diversamente dall’autore. In questi frammenti Pessoa spiega l’origine e la genesi dei suoi eteronimi e scrive che essi. «Comunque sia, l’origine mentale dei mie eteronimi sta nella mia tendenza organica costante alla spersonalizzazione e alla simulazione»

Ed eccolo il baule che Fernando apre e riempie di gente, ci mette i suo eteronimi che nascono dai mutamenti della sua personalità, ma anche dal desiderio che l’autore sente di creare nuove personalità, nuovi modi di fingere per comprendere il mondo o fare il mondo di fingere che lo si possa finalmente comprendere.

Pessoa cerca nell’arte di essere molti creata tramite i suoi eteronimi forse risposte alla sua inadeguatezza esistenziale ma trova sempre un risvolto drammatico: «Per creare, mi sono distrutto; dentro di me mi sono così esteriorizzato, che dentro di me non esisto se non esteriormente. Sono la nuda scena su cui passano vari attori che recitano drammi diversi».

«Ho creato in me varie personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno, appena lo comincio a sognare è incarnato da un’altra persona che inizia a sognarlo, e non sono io». Così Fernando Pessoa svela il meraviglioso mistero legato alla finzione letteraria dei suoi numerosi eteronimi.

La vita plurale di Pessoa è tutta nei suoi eteronimi: le sue profondissime e costanti inquietudini spirituali sono riassunte nelle biografie dei personaggi partorite dalla fantasia esoterica della sua mente geniale.

Che vite furono quelle che Fernando visse in questi e altri scritti da lui creati? In che cosa o in che senso lo hanno aiutato, magari a vivere o a morire? I biografi e gli studiosi del grande scrittore portoghese non dimenticano quella sua dichiarazione in cui afferma che fin dall’infanzia aveva piacere a circondarsi di personaggi fittizi da lui inventati e ai quali egli stesso attribuiva l’origine remota dei suoi eteronimi. Alberto Caeiro, Alvaro de Campos, Ricardo Reis sono i simboli dell’opera completa di Fernando Pessoa: un vasto libro dell’inquietudine che cerca nelle elucubrazioni dell’abisso interiore i principi dell’immortalità dell’anima.

Teoria dell’eteronimia lo possiamo definire il libro definitivo intorno al mistero Pessoa. A svelarlo è lo stesso autore redigendo un corpus di frammenti illuminanti.

Il poeta, l’uomo, lo scrittore celebrano l’unione tra il vissuto e l’immaginario essendo sempre spettatori ironici di se stessi e senza mai stancarsi di assistere alla vita, hanno sentito addosso, ignoti, plurali e eteronimi, il graduale fallimento dell’esistere.