Recensioni / Rilke e la scienza del mito in continuo movimento

Ci sono due linee d'interesse da segnalare nel ponderoso saggio Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su Reiner Maria Rilke (meritoriamente ristampato da Quodlibet, euro 22) del mai abbastanza compianto Furio Jesi, germanista, antropologo, allievo di Karoly Kereny e acutissimo studioso del linguaggio della mitologia: da una parte la consapevolezza della dimensione strutturalmente autoritaria del linguaggio del mito, dall'altra la dimensione esoterica della produzione di Rilke. Se del trattamento di quest'ultima tematica appare evidente l'interesse specialistico (ferma restando l'intuizione straordinaria che vede l'esoterismo di Rilke non distaccarsi mai "dall'autocoscienza della insopprimibilità delle personali scorie volitive" che entrano in gioco come motore dell'esperienza esoterica), è della prima tematica che si segnala l'interesse attuale sia nel merito che nel metodo.
Si tratta di fondare non una "scienza del mito", ma - partendo proprio dalla considerazione della natura complessa, sfuggente e allo stesso tempo autoritaria di ogni mito antico e moderno - tendere piuttosto, e con una certa risolutezza, alla fondazione di una "scienza della mitologia". Una scienza che abbia come oggetto non tanto la materia del mito, quanto il suo continuo movimento e il suo funzionamento nella società: un dispositivo di senso (un linguaggio senza parole, un "cataplasma dell'eterno ritorno") che non prevede interazioni, non accetta una comunicazione alla pari ma pretende devozione fanatica, cieca obbedienza anche riguardo a comportamenti violenti. La scienza della mitologia non potrà allora che essere critica, attenta al linguaggio e presentarsi come farmaco contro ogni distorsione autoritaria della presenza, dell'uso e della costruzione del mito.