I celebre aforisma «Dio si nasconde nei dettagli» nel quale risuona il versetto di Isaia
«Tu sei davvero un Dio nascosto» potrebbe essere tradotto in
termini di storia della riflessione
teologica con la constatazione della crisi definitiva della scolastica e
della sua ambizione di sistematizzazione razionale dell'intero Creato. Lo conferma in questi giorni il
bellissimo libro Il tempo della fine.
Prossimità e distanza della figura di Gesù
di Giancarlo Gaeta, edito da Quodlibet.
Il volume, molto agile appena
120 pagine, raccoglie i testi rivisti
di otto relazioni tenute dall'autore
nel 1998 e poi tra il 2011 e il 2018 in
occasione della Settimane Alfonsiane a Palermo. Sette interventi
sono dedicati a interpretazioni ricche di stimoli di versetti evangelici,
l'ultimo, posto in appendice, è una
breve biografia intellettuale di Michel de Certeau, pensatore gesuita
vissuto a cavallo della metà del secolo scorso. Proprio l'analisi, datata 2018, della riflessione sviluppata
da de Certeau anche e forse soprattutto in relazione al Sessantotto, illumina di una luce particolare gli
scritti precedenti stimolando il lettore a ricercare i dettagli piuttosto
che la sistematicità di quanto in essi contenuto.
Gaeta ha studiato a lungo e in
profondità la formazione non priva
di incertezze e contrasti del pensiero religioso del cristianesimo dei
primi secoli, prima della codificazione imposta dai primi concili.
Ha tentato di schematizzare quanto accadde individuando personaggi, tra di essi giganteggia san
Paolo, e testi principali, evidenziando le differenze anche profonde che si trovano nelle redazioni
evangeliche persino in relazione a
elementi fondativi, quali l'istituzione dell'eucaristia. Si è spinto anche
oltre, leggendo nei testi una figura
di Gesù più conflittuale con la società che lo circonda di quanto l'esegesi contemporanea non sembri
convinta.
Ma proprio l'accoglienza nel canone evangelico di narrazioni così
diverse da parte dei padri conciliari
efesini ci conferma nella convinzione che le cose dello spirito non siano riconducibili a un sistema chiuso ma facciano piuttosto parte di
un dialogo fra ogni uomo e ogni
donna e Dio, capace di parlare a
tutti in modo personale e comprensibile, all'interno di un rapporto di amore inestinguibile.
E in questa ottica le notazioni di
Gaeta, che in chiusura dell'ultimo
saggio dedicato all'esegesi evangelica scrive «resta solo, se resta, la
fede nell'Agnello sgozzato», divengono preziose, squarci di luce
che illuminano aspetti importantissimi, ma nascosti, della riflessione
personale, della ricerca dí Dio, che
costituisce parte integrante della
preghiera.
La loro abbondanza costringe a
fare una scelta affidata al gusto e al
tratto di cammino della vita che il
lettore sta percorrendo. Segnalo
l'individuazione della crisi nella
quale precipitano i discepoli al momento della crocifissione «che impose loro un difficile processo di ricomprensione della figura di. Gesù,
che dura tutt'ora».
Dove la consapevolezza di uno
sconcerto comune si mescola con
quella della determinazione che lo
Spirito sa infondere in un gruppo
di persone sfiduciate che avevano
abbandonato il maestro dandosi
alla fuga nella notte.
In un altro passo, a commento
del versetto «lascia i morti seppellire i loro morti», Gaeta sostiene
che «l'etica di Gesù è l'etica dell'attesa, incompatibile con l'etica moderna del progresso o con l'etica
dei valori», intendendo che il messaggio evangelico è di radicalità assoluta. Subito è costretto a contraddirsi, considerando che in altri
passi evangelici Gesù
sostiene famiglia, genitori anziani, cura dei
bambini, rispetto assoluto del matrimonio.
Più oltre nel testo si
trovano notazioni sui
«tratti veramente inquietanti della personalità religiosa di Gesù», conclusioni secche quali «la logica
istituzionale si è imposta nella Chiesa come pressoché
esclusiva» o intuizioni del tipo «il
tempo della fine è giunto e dunque
a propriamente parlarne non c'è
sviluppo storico, bensì ricapitolazione di tutta la storia».
Proprio qui si trova con ogni
probabilità la motivazione del titolo del libro, che ritroviamo anche
nell'ultimo saggio della raccolta,
cronologicamente più antico ma
collocato in posizione conclusiva e
quindi privilegiata.
L'autore ripresenta infatti più.
volte, come in una sorta di basso
continuo, la convinzione che la distinzione tra mondo e aldilà sia
meno netta di quanto possa apparire.
L'evento escatologico finale non
pone fine al mondo ma al «potere
del demonio su di esso». La presentazione più chiara del concetto
è collegata a quella che viene definita «a magnifica intuizione di
Matteo 25»: «Il giudizio universale
si compie ora, giorno dopo giorno,
atto dopo atto, lungo l'estensione
di questo tempo».