Il dibattito vivace sulla figura e l’opera
di Pier Paolo Pasolini si arricchisse di un
nuovo importante contributo. Il volume
Petrolio 25 anni dopo. (Bio)politica, eros e
verità nell’ultimo romanzo di Pasolini,
curato da Carla Benedetti, Manuele
Gragnolati e Davide Luglio (Quodlibet, 2020,
collana Materiali IT, pp. 316), è un
caleidoscopio che consente di cogliere –
attraverso specchi rifrangenti capaci di restituire immagini polimorfe,
sempre variabili e imprevedibili pur nella loro simmetricità – la
complessità del romanzo postumo del ‘corsaro bolognese’. Il volume,
senza cedere alla tentazione di tracciare una linea di sviluppo unitaria,
lascia emergere la problematicità di un’opera che ha nutricato
fraintendimenti, censure, polemiche e, non di rado, “violazioni”.
Se Pasolini si sottrae all’obbligo dello stile attraverso una ragionata e
voluta incompiutezza, che prende corpo nell’abbozzo programmatico,
nella forma-progetto; se, ancora, è possibile scorgere nella scrittura del
pasticheur, come si definì in una conversazione con Halliday, una
contaminazione stilistica, un’intenzionale impurità, un’omofonia tra vita
ed opera – Petrolio ha, però, occasionato un vero e proprio travisamento
autobiografico, come mostrato da Carla Benedetti. La pubblicazione del
romanzo postumo pasoliniano, rimasto per diciassette anni nei cassetti
della letteratura, è stata contrassegnata dalla volontà più o meno diffusa
di gettare un fascio di luce rossa sul Poeta. La “lettura sessuo-patologica”
di Petrolio ha consentito di adombrare la dimensione politica del
romanzo. Muovendo da questa “violenza” che l’opera ha subìto,
scandagliando la profondità del “testamento” pasoliniano – sulla scorta
del confronto critico avvenuto grazie al Convegno internazionale
organizzato nel 2017, in occasione del venticinquesimo anniversario della
pubblicazione del romanzo, dalla Sorbonne Université e dalla Scuola
Normale di Pisa – il volume collettivo rischiara e ricentralizza, senza
arrestare il brulichio voluto dal suo autore, il senso sussurrato di uno dei
più importanti e straordinari romanzi del Novecento.
Petrolio, che non ha mai smesso di risvegliare un interesse critico, è
in questo volume collettaneo la sponda riflessiva che consente di far
emergere l’insularità e la continentalità dell’opera pasoliniana lungo un
sentiero da cui si dipartono due significativi sensi di percorrenza: il primo,
orientato da una bussola critico-filologica, ripercorre la storia della
pubblicazione del romanzo e lascia emergere nuovi orizzonti editoriali
(Benedetti, Giovannetti, De Laude, Stigliano); il secondo, messo a fuoco
attraverso la lente biopolitica, segue l’itinerario d’analisi e di resistenza
pasoliniano lasciando spazio a soste capaci di far rilucere originali
tensioni ermeneutiche (Gragnolati, Holzhey, Bourlez, Patti, Bottiroli,
Luglio, Antoniani, Luisetti, Bazzocchi, Cadel, Fiorillo, Joubert-Laurencin,
Chiesi, Doi, Desogus, Messina, Moresco). Molte, moltissime, sono le
immagini che questo volume caleidoscopico lascia apparire.
Come efficacemente suggerisce il sottotitolo, (bio)politica, eros e
verità sono il basso continuo che accompagnano la partitura del romanzo
pasoliniano, concetti soglia di una riflessione articolata e stratificata
capace di istituzionalizzare le fratture, ma insieme il sincretismo e
l’osmosi dei linguaggi.
Il volume delinea, attraverso il romanzo interrotto dalla violenta
morte dell’autore, non solo i molteplici aspetti dell’opera, ma il volto, il
corpo in carne ed ossa, la disperata vitalità di Pasolini: eterno indignato,
campione della rabbia intellettuale, della furia filosofica, che si serve
della sapienza di quell’archilingua che è la poesia (merce inconsumabile,
rischio, esplosivo capace di creare lo stato d’emergenza) per far
deflagrare, come suggerito dai curatori del volume, uno “spazio polemico
di resistenza”.