Recensioni / La scommessa psichedelica

Pillole che cambiano la mente

All’inizio di Annientamento, il primo romanzo della Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer, la Biologa protagonista si avventura nelle profondità di un pozzo che dovrebbe essere una torre. Sulle pareti trova una strana scritta composta da un fungo. Poiché è una Biologa, anche se non delle più prudenti, avvicina il viso alla scritta-fungo che proprio in quel momento rilascia le sue spore in una piccola esplosione. La Biologa respira le spore, le assorbe dentro di sé. Da quel momento in poi il lettore non può più essere certo che gli eventi strani che capitano nell’Area X (salti temporali, paesi fantasma, uomini-delfino, controllo psichico, tecnologie che decadono e falliscono) stiano effettivamente capitando. A essere “alterata” è la zona di natura selvaggia colpita da una catastrofe innominata, la mente della Biologa o entrambe? E tra i due piani c’è davvero differenza?
Apprestandomi a parlare di La scommessa psichedelica, la raccolta di saggi sul rinascimento psichedelico curata da Federico di Vita, non posso esimermi dal fare una confessione: in quest’epoca in cui da sempre più parti ci vengono offerte soluzioni per cambiare la mente, pillole che una volta ingoiate trasformano il nostro sguardo (la pillola rossa del complottismo, quella nera del pessimismo radicale, quella psichedelica) mi trovo in difficoltà. Non perché sposi la prospettiva degli scettici per cui non esistono soluzioni magiche per cambiare il proprio sguardo sul mondo, ma al contrario perché, avendo preso un paio di pillole a mia volta, so che questa forma di illuminazione o di risveglio è possibile, e che una volta attraversata la soglia non si può più tornare indietro. Parafrasando Lady Macbeth potrei dire che non si può disvedere ciò che si è visto.
Quando la Biologa esce dall’Area X, nessuno crede ai suoi racconti. E come potrebbe essere altrimenti? Avendo assorbito l’Area X dentro di sé, la Biologa è diventata l’Area X: non c’è più distinzione tra lei e l’argomento del suo racconto, la distanza tra soggetto e oggetto si è persa per sempre e con essa ogni pretesa di oggettività. Può anche darsi che la Biologa non sia più una vittima delle forze misteriose che agiscono nell’Area X ma ne sia diventata un agente, come quelle formiche che, hackerate dal fungo Ophiocordyceps unilateralis che ne attacca il cervello alterando la produzione di feromoni, modificano il proprio comportamento al fine di aiutare il fungo a riprodursi finendo per compromettere la sopravvivenza della propria colonia. Non è più chiaro dove stia l’agency, se nella Biologa o nella sostanza che l’ha infettata.
Questo lungo preambolo serve per dichiarare un fallimento: quello del critico chiamato a parlare di un libro sulla psichedelia in maniera che si presupporrebbe oggettiva. Se il critico ha a sua volta varcato quella soglia, sarà come la Biologa dopo aver respirato le spore del fungo, e ci sarà sempre il sospetto che come la formica infettata dall’ Ophiocordyceps unilateralis stia trasmettendo il seme del contagio, ma se non l’avrà varcata non avrà veramente idea di quale sia l’oggetto della sua trattazione. Questa è la natura delle pillole che cambiano la mente: si è sempre dentro o fuori da una visione del mondo e non puoi veramente argomentare con chi sta dall’altra parte del confine. Come ne usciamo, quindi?
Ne usciamo rinunciando all’oggettività. Poiché quella psichedelica è prima di tutto un’esperienza, l’unico modo per parlare di psichedelia è quello di ricorrere al teatro su cui agisce quell’esperienza, cioè l’Io. La prima lezione della scommessa psichedelica quindi è questa: che tu abbia o meno preso la pillola, la tua mente è sempre alterata, perché la mente non alterata non esiste, non sarebbe una mente ma sarebbe lo sguardo divino che è oggettivo e onnisciente. La realtà non è una ma molte e la soggettività che ci permette di attraversare queste molte realtà parallele e spesso conflittuali è tutto ciò che abbiamo: dunque è da qui che ci tocca partire.

Convergenza psichedelica

La confessione che avevo promesso è che non ho mai assunto una sostanza psichedelica. Tuttavia recentemente mi è capitato di riflettere su come molti degli interessi che mi hanno occupato negli ultimi dieci anni abbiano un collegamento diretto o indiretto con la psichedelia: dall’opera di Philip Dick allo gnosticismo, dalla nascita dell’informatica all’idea di mondo come costruzione semantica, dagli stati estatici alla realtà virtuale, dalla scena rave all’opera di Mark Fisher, dalla weirdness alla morte dell’Io, dalla fantascienza di Cixin Liu al sublime scientifico, dal Buddhismo ai Beatles, la nebulosa dei miei interessi culturali si è aggregata e continua ad aggregarsi attorno al buco nero dell’esperienza psichedelica, che pur non avendo provato non posso derubricare al campo sterminato di tutto ciò che si trova fuori dalla mia area di riflessione.

Mi chiedo però quanto i miei interessi siano stati alterati a loro volta dal meme della psichedelia, che è una sostanza tanto potente quanto le molecole intorno a cui si costruisce il discorso culturale. Se il rinascimento psichedelico non fosse effettivamente capitato, se cioè il discorso sulla psichedelia non avesse lasciato le nicchie controculturali di ex hippy e raver per entrare nel dibattito medico sulla cura del disagio mentale, se Carlo Rovelli non avesse parlato apertamente del ruolo giocato dall’LSD nella sua carriera di fisico, se non ci fossero stati intellettuali e militanti che hanno raccontato il nesso tra gli psichedelici e i computer, se non fossero state elaborate le linee nascoste della psichedelia nell’opera di autori insospettabili come Richard Feynman o Elsa Morante, e dunque se il meme della psichedelia non fosse tornato nella musica e nell’estetica di internet, se la città in cui vivo non fosse quella dove si trova il Centre for Psychedelic Research dell’Imperial College, se un giornalista che si è sempre occupato di cibo come Michael Pollan non avesse deciso di rivolgere i suoi interessi a un altro tipo di cibo e scrivere il bestseller del rinascimento psichedelico, se Come cambiare la tua mente non fosse arrivato in Italia nientemeno che per Adelphi – se tutto questo non fosse successo siamo sicuri che i miei interessi sarebbero stati gli stessi? E se la risposta a questa domanda è no, non dovremmo allora dedurne che io stesso, senza aver mai toccato LSD o funghi allucinogeni, sono a mia volta stato infettato dal meme psichedelico che ha, appunto, cambiato la mia mente?
Credo di sì, ed è per questo che penso sia innanzitutto importante restituire alla locuzione “rinascimento psichedelico” una dimensione più ampia di quella che le viene attribuita solitamente. Certamente se il rinascimento psichedelico coincide con gli usi terapeutici dell’acido lisergico nella cura della depressione è una questione che interesserà a pochi. Se si tratta di una battaglia politica e culturale per la depenalizzazione di sostanze che possono produrre benefici al netto di pochi effetti collaterali interesserà una fetta più ampia di pubblico ma comunque una minoranza. Ma se il rinascimento psichedelico ha a che vedere con la penetrazione del meme della psichedelia nella nostra cultura, e se questo meme ha il potenziale di cambiare qualcosa di importante, allora il rinascimento psichedelico ci riguarda tutti in un modo o nell’altro, che i nostri interessi siano l’accelerata del genere umano verso il nuovo step evolutivo o più prosaicamente il tentativo di trovare un’alternativa al triste realismo di questa nostra società tardocapitalista.

Post-Pollan
È qui che La scommessa psichedelica si rivela un libro prezioso. A differenza del già citato Pollan, che si focalizza sugli usi medici delle sostanze, il libro curato da di Vita offre una discussione a largo spettro della nebulosa psichedelica, fornendo letture che dialogano tra loro come un ipertesto e rimpallano riferimenti culturali comuni (Comunismo acido di Fisher, Energy Flash di Reynolds, il lavoro del grande storico della controcultura californiana Erik Davis, solo per citarne alcuni) affrontandoli da angolature differenti. L’impressione è quella di essere al centro di un dibattito vitale dove le domande sono più delle risposte. Mentre il libro di Pollan è una discesa verticale su un unico aspetto della questione, un aspetto come vedremo non privo di problematicità, La scommessa psichedelica è un vero e proprio tour del dibattito sulla psichedelia al momento del suo rinascimento. Se il tema vi interessa, è il punto perfetto da cui partire.

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