Recensioni / Rinascimento psichedelico

Siamo disposti ad abbandonare un pregiudizio davanti all’evidenza scientifica?
Sono passati molti anni dal giorno della bicicletta. Il 19 aprile 1943 un giovane chimico svizzero, Albert Hoffmann, testò il dietilamide dell’acido lisergico, sintetizzato nel tentativo di produrre un farmaco per stimolare la circolazione. Guidato da un “singolare presentimento”, ma senza immaginare cosa sarebbe successo, Hoffman assunse 250 μg della molecola che il mondo avrebbe presto conosciuto come LSD. Quindi inforcò la bicicletta per tornare a casa e cominciò a pedalare per le strade di Basilea. Da lì a poco i colori intorno a lui si fecero più intensi, la percezione del tempo si frantumò, e – mentre il resto d’Europa bruciava nell’incubo della seconda guerra mondiale – Hoffman venne scaraventato in un viaggio di stupefacente vertigine e bellezza.
Non era la prima volta che un essere umano viveva un’esperienza psichedelica. Dai misteri eleusini al peyote in uso tra i nativi americani l’alterazione rituale dello stato di coscienza era considerato dagli antichi un passaggio importante dell’esistenza. Anche la modernità non rifiutò all’inizio la scoperta di Hoffman. L’LSD venne usato a scopo terapeutico da psichiatri e psicologi con risultati incoraggianti, si diffuse tra le élite culturali (da Cary Grant a Elsa Morante), diventò un fenomeno di massa interessando il vasto mondo delle controculture. La repressione che seguì – proibizione della sostanza, cancellazione dei programmi di ricerca, demonizzazione degli utilizzatori – fu dettata più da interessi politici che dall’evidenza scientifica, ma di questo, incredibilmente, ci rendiamo conto solo adesso.
Da qualche tempo è in corso infatti il cosiddetto “rinascimento psichedelico”, che forse sarebbe corretto chiamare “maturità psichedelica”. È stato il grande giornalista Michael Pollan, col suo Come cambiare la tua mente, a raccontare al grande pubblico che cosa stava succedendo. Nel 2007 il neuropsicofarmacologo David Nutt pubblicò su «The Lancet» uno studio in cui classificava le sostanze in ordine di pericolosità. Al primo posto compariva l’alcol, poi eroina, cocaina, tabacco, cannabis, soltanto in fondo LSD e psilocibina, caratterizzate da bassa tossicità e da una ancora più bassa capacità di generare dipendenza (esiste una soglia letale per il paracetamolo, nota Pollan, non per l’LSD). Dieci anni dopo il neuroscienziato Robin Carhart-Harris sottopose per la prima volta a risonanza magnetica un cervello sotto LSD. Fu il “bosone di Higgs delle neuroscienze”, commentò Nutt. Seguì un articolo del chimico Bryan Roth pubblicato su «The Cell», che evidenziava il modo in cui l’LSD si lega al recettore della serotonina.
Da questi studi iniziò a emergere in modo incontrovertibile ciò che tanti faticavano ad ammettere, cioè che gli psichedelici non c’entrano niente con droghe terribili come cocaina o eroina, fanno meno danni di alcol e tabacco, possono essere usati per contrastare proprio l’alcolismo e altre dipendenze, per curare gravi forme di depressione, per ridimensionare la paura della morte nei malati terminali, nonché per studiare in modo altrimenti impossibile il funzionamento del cervello. Gli psichedelici sarebbero insomma dei farmaci, e – a patto di utilizzarli in modo cauto e controllato – potrebbero spalancare le porte su un capitolo completamente nuovo della conoscenza umana.
A partire da questi dati, si sono moltiplicati anche in Italia gli studi e le pubblicazioni sulle potenzialità terapeutiche, spirituali e culturali degli psichedelici. Non si possono dimenticare gli studi e le tante pubblicazioni di Giorgio Samorini, che nel nostro paese è stato un pioniere in questi ambiti. di Nel 2018 UTET ha pubblicato LSD. Storia di una sostanza stupefacente, un testo molto chiaro e completo a firma di una studiosa autorevole come Agnese Codignola. A novembre è uscito per Quodlibet La scommessa psichedelica, a cura di Federico di Vita, dove scrittori, filosofi, giornalisti scientifici, uomini politici – da Edoardo Camurri a Vanni Santoni, da Mario Cappato a Codignola – analizzano la questione da diversi punti di vista. Fino al 13 dicembre sono in corso idealmente a Torino (causa covid è tutto on line) gli Stati Generali della Psichedelia, a cura di Alessandro Novazio, che con energia raggruppa per il secondo anno molti di coloro che trattano la materia. Ci sono psichiatri come Piero Cipriano, impegnato in una ricerca su psichedelia e sciamanesimo, o come Mauro D’Alonzo, fondatore di Eutopia, un progetto di riduzione del danno, supporto e integrazione degli psichedelici in ambito terapeutico, ci sono psicoterapeuti come Pier Luigi Lattuada e giovani studiose come Maria Laura De Rosa, in forza a Neutravel, che in Piemonte svolge un’egregia opera di informazione nei contesti del divertimento giovanile.
Il dibattito è molto aperto in ambito culturale, tra chi ritiene che il rinascimento psichedelico (visto il modo con cui queste sostanze interagiscono con la parte più violenta e autoreferenziale dell’ego) possa rendere più sano il nostro modello di sviluppo oltre che rappresentare per il XXI secolo una rivoluzione simile a quella che Freud e Jung portarono nel Novecento, e chi teme che possa essere messo biecamente al servizio dell’attuale sistema di produzione. Siamo lontani dagli eccessi della Summer of Love e dallo scatenato entusiasmo di Timothy Leary. L’epoca in cui viviamo necessita di razionalità e misura. A maggior ragione, appaiono completamente fuori luogo le cacce alle streghe che da Nixon all’altro ieri si sono abbattute su quella che potrebbe rivelarsi una benefica branca del sapere. Smetteremmo di credere che la terra è piatta se qualcuno ci dimostrasse il contrario?

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