Recensioni / Bellocchio e "Un seme di umamta" per dare forza al piacere di leggere

Nanostante lo strombazzare (letterale) che se ne fa intorno sono ancora convinto che il presunto sorpasso sulla carta stampata (libri e giornali) da parte dell'elettronica sia poco più di un bluff di tipo commerciale. In realtà libri e giornali si difendono benissimo. Se non nei numeri, sicuramente nella qualità. Non c'è bisogno che aggiunga che sono un frequentatore assiduo, quasi maniacale, di librerie ed edicole, sempre più relegate a fare da contorno, non sempre nobile, di pessimi supermercati.
Sono nato in una casa contadina in cui non c'era né l'acqua corrente (fornita da una mitica "tromba" esterna), né l'energia elettrica sostituita, ovviamente solo per un po' di illuminazione, dalla altrettanto mitica "lucerna" a petrolio. Ovviamente non c'eraneppure. un Libro. I primi libri ce li ho portati io negli anni tra i '50 e i'60.1 primissimi perla verità erano fumetti, in particolare le strisce di Tex Willer, ma anche Tarzan, Capitan Mild sino allo Sport Illustrato per mezzo del quale conoscevo a memoria tutte le formazioni delle squadre di calcio di serie A; sapevo tutto su Barstali e Coppi per seguirete imprese dei quali al Giro e al Tour andavo da una zia che oltre ad abitare una casa servita di energia elettrica, possedeva anche una radio. I primi libri erano ovviamente Bur (Biblioteca Universale Rizzoli), i meno costosi. Ma gli autori avevano nomi come Dostoiesvskij, Hugo, Dickens, Cechov, Gogol, Cervantes, Hemingway e via elencando. Ci ho scritto sopra anche la naia ultima poesia intitolata Una volta scrivevo poesie: È stato come se mi si aprisse il inondo. Si pensi che ho amato Dostoievskij leggendo le contorsioni mentali di quel pazzo di Raskolnikov di notte seduto sultavolo della cucina, unico modo per arrivare a captare la poca luce che veniva dalla già citata lucerna, che pendeva dal soffitto, sopra lo stesso tavolo. Naturalmente con il passare degli anni ho potuto permettermi anche qualche edizione più costosa e comunque non ho mai smesso di leggere i consigli alla lettura, per me la parte più intrigante dei giornali, soprattutto nei fine anno.
Questa lunga premessa per spiegare perché intendo restituire almeno in parte quel debito di riconoscenza che ho contratto con giornali e riviste che hanno dedicato pagine e pagine alla promozione della lettura diventando a tuia volta promotore, però di torsolo autore e di un solo titolo. Mi riferisco a Un seme di umanità di Piergiorgio Bellocchio, edizioni Quodlibet 2020. Non ho bisogno di presentarlo in quanto la stampa, con «Libertà» in prima fila, vi ha dedicato uno spazio adeguato. Piacenza pur sotto la cappa del coronavirus è riuscita a organizzare addirittura un convegno pubblico che ha avuto luogo nel cortile della Galleria Ricci Oddi con la partecipazione delle stesso Bellocchio. Iniziativa di grande rilievo culturale che ha toccato vertici di sincera commozione. Il mio consiglio alla lettura di Un sente di umanità si inserisce in questo stesso filone.
Volevo dire insomma chele presentazioni critiche scritte da Bellocchio in epoche diverse su opere e relativi autori hanno avuto suoli me il sorprendente potere dì farmi capire e quindi apprezzare in maniera diversa e crescente gli stessi autori e le relative opere. Molte delle quali posso vantarmi di allineare nella mia libreria e che ho già cominciato a rileggere alla luce di quella che ritengo una vera e propria rivelazione, Ovvero le relative recensioni di Bellocchio in Un seme di umanità. Né feroci stroncature, né stucchevoli piaggerie, bensì capaci di contestualizzare opere e autori nel loro periodo storico, ricche di sfumature "di umanità; appunto, che elevano il tono delle stesse opere, di per sé già grandiose.
Che dire ancora se non ribadire il consiglio alla lettura dell'opera di Piergiorgio Bellocchio e villa rilettura delle opere da egli stesso recensite.

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