Recensioni / Il nano da giardino non è più kitsch

Chissà se Nanni Moretti leggerà mai il libro a cura di Marco Belpoliti e Gianfranco Marrone “Kitsch”, lui che nel film Palombella Rossa aveva preso a schiaffi una giovane giornalista per aver pronunciato quella terribile parola. Se non si offende e più che altro non da anche a noi uno schiaffo gielo suggeriamo . Anche perchè un libro che si può affrontare da qualsiasi parte , senza un inizio o una fine . E’ quello che gli americani chiamano “reader” , una antologia , una guida per capire cosa diavolo davvero sia questo maledetto “kitsch” . Parola , come diceva appunto il personaggio di Palombella Rossa Michele Apicella, a sproposito e quindi come tutte le parole usate male pericolosa. Il libro comunque, cosi come si presenta contraddice il suo soggetto. E’ elegante , accademico e pure gli esempi fotografici a cura di Elio Grazioli, per quelli che guardano solo le figure, sono riprodotti rigorosamente in bianco e nero . Che devo dire rende lo sforzo un pò inutile perchè se al Kitsch togli il colore è un pò come togliere ad un culturista i muscoli . Difficile ed ingiusto, quasi discriminatorio, sarebbe tirar fuori un solo capitolo dell’antologia che per la sua esagerata ricchezza di contenuti , questo si , diventa un pò kitsch. Ma correndo il rischio di discriminare e avendo spazio limitato il capitolo che mi porterei a casa da solo è quello dello scrittore russo Vladimir Nabokov. Lolita per intendersi. Un estratto di una sua conferenza del 1941.Il titolo è Filistei e filisteismo. Per Nabokov filisteo equivale a volgare e visto che in fondo viviamo in un epoca politicamente dominata dalla volgarità egogentrica questa parte del libro mi pare una delle più appropriate per i tempi in cui viviamo. Un’altro termine che Nabokov usa riferendosi al kitsh è la parola russa “poslost” che semplificando significa trivialità compiaciuta di se stessa e che adattandola ai nostril tempi si potrebbe chiamare “Postlost” la trivialità compiaciutà dei “post” che tutti vomitiamo con Instagram e gli altri vari social nel flusso perenne di un quotidiano senza fine . Si può dire con un margine molto basso di errore che il Kitsch di oggi sono proprio i social dove degenerazione privata, massificazione intellettuale , inautenticità personale , ripetitività , simulazione , contraffazione e dilettantismo fanno da padroni . A confronto di quello che si vede dentro i vari profili social , versione virtuale dei giardinetti delle cassette a schiera di periferia , i nani da giardino , soggetto del capitolo di chiusura del volume di Jean-Yves Jouannais, sono David di Donatello. Oltre che ad essersi identificato con i social il Kitsch ha preso anche le sembianze della politica e dei suoi vari attori che con i social appunto s’identificano specularmente. Se il Kitsch doc parlava di pseudo arte il Kitsch contemporaneo parla di pseudo politica e pseudo realtà . Il Kitsch vintage era indentificato dalla maggioranza delle persone con il cattivo gusto . Oggi si potrebbe dire che il Kitsch contemporaneo lascia un gusto cattivo nella nostra bocca e nella nostra anima . Che il Kitsch potesse mutare in una versione peggiore e più pericolosa di se stesso è una cosa sorprendente che scopriamo via via che ci inoltriamo nei meandri del libro. Come l’Underground , che praticamente non riesce a vivere più in maniera autonoma senza essere inglobato immediatamente dentro il consenso collettivo od essere rigettato come semplice fallimento da sfigati , anche il Kitsch ha perso la sua autonomia , abbracciato dalle elite della moda come provocazione commerciale o abbandonato nelle fauci della disperazione dei diseredati esclusi dalla catena del lusso. L’Underground è inesplorabile perchè nessuno vuol più andare in profondità. Il profondo è diventato semplicemente un sotto , una sepoltura nulla di più. La superfice e la superficialità sono sono l’unico luogo e l’unica condizione di rispettabilità e d’identità. Cosi il Kitsch , quello vero , quello non guardabile , quello non indossabile , quello non discutibile o teorizzabile , non commerciabile. Siccome oggi tutto si deve poter guardare , tutto si deve poter vedere, , tutti dobbiamo avere estrema visibilità per esistere, in questa condizione il vero Kitsch scompare per diventare stile estremo , pagliacciata di lusso, audacia esclusiva. Il Kitsch muore quando qualcuno dice “funziona” o quando viene definito “divertente”. Il nano del giardino oggi occupa le sale e i porticati dei dei musei . Non fa più schifo , non fa più paura . Il nano del giardino oggi è il mediatore , il caronte buono che traghetta la beata ignoranza del pubblico dentro i luoghi sacri della cultura. Che c’è di male a mettere un nano da giardino vicino ad un Caravaggio se questa combinazione aiuta lo sprovveduto ad entrare nel museo per farsi il selfie, elevando il nano al Caravaggio. Davanti a questa brutalità comunicativa nemmeno il direttore o direttrice di museo più educati del mondo oseranno mai dire “ mamma mia come è kitsch!” , rischierebbero difinire nella gogna dei social . Il Kitsch come l’Underground erano zone della cultura dove avveniva la sperimentazione più azzardata della cultura . La loro assimilazione dentro il Kitsch e l’Underground di stato ha spazzato via anche l’energia essenziale della sperimentazione e del progresso culturale. Leggersi, anche solo in parte, il libro di Belpoliti e Marrone , potrebbe aiutarvi a non dimenticare la differenza che c’è fra una nano del giardino e un Caravaggio . Se poi preferite il nano non c’è nulla di male , basta che almeno abbiate capito la differenza.