Recensioni / Tutta (o quasi) la modernità di Napoli in un libro

Negli ultimi anni non sono mancate le pubblicazioni di architettura variamente dedicate al “moderno”, con l’aggettivo ben in vista nei titoli e sulle copertine. I due volumi di Italo Modern: Architecture in Northern Italy 1946-1976 (a cura di Martin & Werner Feiersinger, Park Books, 2017 e 2018), l’antologia Milano capitale del moderno (a cura di Lorenzo degli Esposti, Actar, 2017), ma anche la ricerca fotografica Salento Moderno. Inventario di abitazioni private nel sud della Puglia (a cura di Davide Giannella e Massimo Torrigiani, Humboldt Books, 2018): questo elenco è incompleto ma esemplificativo per comprendere i tanti tagli tematici con cui è stata osservata la modernità, i luoghi ritenuti significativi per studiarla, le diverse periodizzazioni a cui è stata ricondotta.

Napoli Super Modern e il successo editoriale del moderno
Il successo editoriale del moderno è il risultato di un duplice interesse: lo alimenta da un lato la curiosità scientifica per un’epoca recente ma chiaramente archiviata dagli eventi della storia, dall’altro la fascinazione venata di decadentismo per forme ed estetiche ormai vintage e oggi più cool che mai. Non a caso, i migliori episodi di questo corpus di pubblicazioni ancora in evoluzione sono quelli in cui scientificità e coolness sono bilanciate con cura all’interno di lussuosi ibridi editoriali, a cavallo tra la precisione del saggio accademico e la presenza scenica del coffee table book. Un esempio recente di questa fortunata miscela è Napoli Super Modern, a cura di Benoît Jallon e Umberto Napolitano per i tipi di Quodlibet.
Il volume sgargiante e non troppo ingombrante è la seconda grande pubblicazione di Jallon e Napolitano, co-fondatori di LAN Architecture, dopo la celebrata ricerca Paris Haussmann, esposta al Pavillon de l’Arsenal della capitale francese nel 2017 e confluita nel catalogo omonimo. Napolitano torna nella sua città d’origine e, come già aveva fatto con Parigi, la osserva dal punto di vista di un architetto, che nella storia urbana ricerca anche assonanze e connessioni con la propria pratica progettuale. “Ho capito”, afferma, “che all’origine della mia ossessione per la città come fondamento del progetto architettonico c’era soprattutto questa città in particolare (…). L’ipotesi di questo studio è che si possa definire una qualità latente dell’architettura moderna napoletana: la rinuncia a definire modelli astratti e idealizzati, e la capacità, se non la necessità, di misura il progetto con il contesto fisico, storico, sociale e paesaggistico”.

La modernità napoletana, tra architettura e modernità
Ai due testi firmati da Napolitano si aggiungono i contributi di Andrea Maglio, Manuel Orazi e Gianluigi Freda, che proseguono la riflessione sulla modernità napoletana, inquadrandola in una dimensione più specificamente storico-architettonica e storico-urbanistica, e arricchendola di una più ampia componente storico-cultural-letteraria. In Napoli Super Modern le trasformazioni materiali del tessuto urbano interagiscono e sono interpretate alla luce degli infiniti e caleidoscopici immaginari riferiti alla città della “modernità ‘conciliante’” (Maglio) e degli “arcaismi ultramoderni” (Orazi). Il portfolio fotografico di Cyrille Weiner (Assimilation douce) percorre trasversalmente tutto il volume, che si conclude con il bell’Atlante degli edifici a cura di Maglio. La sua precisione compensa almeno in parte l’asciuttezza della selezione (solo 18 edifici), che fa sperare in una sua prossima estensione.
Diciotto architetture moderne napoletane
Al di là della piccola delusione quantitativa, Napoli Super Modern ha il merito di portare all’attenzione dei suoi lettori non napoletani personaggi ed edifici fino ad oggi discussi quasi unicamente nella loro città. Fatti salvi il Palazzo delle Poste di Luigi Vaccaro e Gino Franzi (1933-1936), la Villa Oro di Luigi Cosenza e Bernard Rudosfki (1934-1937) e la stessa figura di Cosenza, le architetture e gli architetti selezionati sono per la maggior parte scoperte, episodi e percorsi di qualità e originalità che le storie dell’architettura hanno finora escluso, o confinato in trafiletti e note a piè di pagina. Si spazia dagli accenti espressionisti della Clinica Mediterranea di Sirio Giametta (1940-1952) alla combinazione tipologica quasi equilibristica dell’edificio per uffici e abitazioni in via Ponte di Tappia di Raffaello Salvatori (1949-1963). Si approfondiscono la figura complessa del piacentiniano Marcello Canino e quella apprezzata ma ugualmente controversa di Stefania Filo Speziale, che con Carlo Chiurazzi e Giorgio Di Simone è autrice del raffinatissimo Palazzo della Morte a Posillipo (1954-1960) ma anche dell’azzardato Grattacielo della Società Cattolica Assicurazioni (1956-1958).

Napoli e Milano: traiettorie di un ipotetico confronto
Napoli Super Modern è una pubblicazione di valore proprio perché può partecipare a un percorso di riscrittura storiografica, la cui importanza emerge rapidamente da un rapido confronto tra Napoli e Milano. La costruzione di entrambe le città moderne ha affiancato, specialmente nel secondo dopoguerra, qualità architettonica e disastri urbanistici. Per diverse ragioni, tra cui indubbiamente anche una diversa distribuzione dei pesi nei due casi, Milano è ormai esaltata quasi unicamente come la città del professionismo colto, Napoli stigmatizzata una volta per tutte come la città dello scempio e dell’abuso. Il capoluogo lombardo è rimasto cristallizzato nelle sequenze de La Notte di Antonioni, con i preziosi monoliti di Luigi Moretti che fanno da sfondi, bianchi e scultorei, alle derive urbane di Lidia Pontano. La metropoli campana non si è mai liberata delle losche speculazioni di Le mani sulla città di Rosi, orchestrate dal costruttore Edoardo Nottola dal belvedere del grattacielo della Filo Speziale. Ben venga, quindi, Napoli Super Modern, nella speranza che sia solo la prima di tante pubblicazioni sulla modernità di Napoli e della sua architettura, in grado di combinare scientificità dei contenuti, coolness del contenitore (il progetto grafico, perfettibile ma apprezzabile, è di Pupilla Grafik), respiro e distribuzione internazionale (grazie anche all’edizione inglese pubblicata da Park Books).