Recensioni / Cosa ci siamo persi!

Quintetto perduto ("lost quintet" in originale) è un'espressione affascinante. Gli appassionati di jazz ci riconoscono uno dei momenti più esaltanti del Miles Davis elettrico, quando tra il 1969 e il 1970 il trombettista iniziò a esibirsi in locali rock come il Fillmore e persino all'isola di Wìght alla ricerca di un pubblico nuovo. Fulminato da Jimi Hendrix (col quale progettò un disco mai inciso), il quarantenne ultramodernista usava wah wah e distorsori di ogni tipo sul suo strumento. Dietro di lui aveva un gruppo di ventenni pronti a seguirlo ovunque su un terreno del funky elettrico, in cambio di una libertà sostanziale sul piano dell'improvvisazione collettiva: Chick Corea, Dave Holland, Jack DeJohnette, Wayne Shorter, con l'aggiunta per poco anche di Keith Jarrett all'organo e Airto Moreira alle percussioni. II quintetto (sestetto) è perduto perché non entrò mai formalmente in sala di registrazione e si può ascoltare soltanto in qualche registrazione dal vivo (Live in Europe 1962 Live at Fillmore 1970). In quel periodo Davis incideva i suoi fondamentali In a Silent Way, Bitches Brew e A Tribute to Jack Johnson, tagliando e ricucendo chilometriche session con il produttore Teo Macero. Soprattutto, è perduto per sempre il momento in cui il jazz poté dirsi musica del presente, avanguardia tra le avanguardie, un attimo prima di precipitare nel vortice di nostalgia e ripetizione che ancora oggi lo incatena. Il musicologo Bob Gluck ripercorre ora quei pochi anni nel volume II Quintetto Perduto e altre rivoluzioni (Quodli bet), evidenziando le linee che collegano Miles Davis e i suoi musicisti alle altre del tempo: la corte di Ornette Coleman (che Davis guardava con cal- colatissimo disprezzo), la radicalità di Ascension di John Coltrane, la "composizione per blocchi" del Gesang der lünglinge di Stockhausen. Ancora: Leroy Jenkins che suonava al violino in trio con il Revolutionary Ensemble lunghi brani come Vietnam; Anthony Braxton, il sassofonista afroamericano con un piede nell'avanguardia colta europea, amico degli sperimentatori di Musica Elettronica Viva (Curran, Teitelbaum... americani in trasferta a Trastevere). Braxton fece parte dei Circle con Chick Corea e Dave Holland. La relativa fama garantita dalla collaborazione con Miles Davis consentiva a questi ultimi di avere ingaggi regolari. Per tutti gli altri la ricerca di un pubblico nuovo era una questione vitale oltre che estetica: il cosiddetto loft jazz a New York, in una Manhattan oggi irriconoscibile, in piccoli spazi ricavati da strutture industriali fuori uso, esplorava la strada dell'improvvisazione collettiva in pubblico. Si tende spesso ad archiviare la pratica del free jazz come un momento fastidioso, narciso e incomprensibile. È leggendo un libro come quello di Gluck che sappiamo davvero cosa ci siamo persi.

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