Michel Leiris avrebbe voluto intitolare semplicemente "Da Dakar
a Gibuti" il suo diario di viaggio della missione etnografici e linguistica dall'Atlantico al Mar Rosso guidata da Marcel Griaule, assistente
al1'École des Hautes Études, compiuta proprio novant'anni fa, tra il
1931 e il 1933. Fu André Malraux,
all'epoca lettore perla casa editrice
Calmarci, a gúrdicare la scelta troppo piatta. Quel libro, dedicato a Griaule, divenne allora L’Africa fantasma: pubblicato nel 1934 suscitando la disapprovazione di chi, come
il sociologo Marcel Mauss e l'antropologo Paul Rivet, riteneva quelle
pagine «una provocazione e una
gaffe tale da danneggiare la futura
pratica degli etnografi nelle colonie», perché ritratti nelle loro azioni troppo spregiudicate, se non rapaci. La frattura con Griaule non si
ricomporrà più, mentre Leiris proseguirà nella sua preparazione accademica, approfondendo i temi
che aveva giàaffrontato, da non specialista, in quella spedizione. «L'Africa che ho percorso nel periodo fra
le due guerre non era più l'Africa
eroica dei pionieri, e neppure quellaa cui Conrad si è ispirato per il suo
magnifico Cuore di tenebra: ma
era anche ben diversa dal continente che oggi vediamo uscire da un
lungo sonno e (...) lavorare perla
propria emancipazione. Qui - sarei
tentato di credere - deve essere cercato il motivo per cui non vi trovai
che un fantasma», scrive Leiris nella prefazione all'edizione del 1951
del volume riportata - insieme alla
premessa dell'edizione del 1981,
nonché alla presentazione dell'antropologo lean Jamin, cofondatore
con Leiris del semestrale "Gradhiva" - nel libro L'Africa fantasma,
uscito per i tipi Quodlibet / Humboldt, a cura di Barbara Fiore, che
nel saggio-postfazione Fantasmi
d'Africa si sofferma sul contesto
culturale della spedizione del 1931,
nella Parigi che aveva appena festeggiato con entiusiasmo l'inaugurazione dell'Exposition coloniale
internationale, «celebrazione
dell'opera civilizzatrice della Francia», sotto lo slogan: "il giro del
mondo in un giorno!" da completare di padiglione in padiglione.
«Esotismo e stereotipi messi in opera», commenta Fiore.
La missione Dakar-Gibuti si poneva nel solco della modernizzazione
degli studi di etnologia, legati anche
all'ambizioso progetto del nuovo
Musée de l'llomme, poi varato nel
1937, erede del vecchio museo d'etnografia al Trocadero. Il compito di
Leiris, assunto come archivista, era
annotare giorno per giorno gli eventi. La sua partecipazione era stata
fortuita, ma provvidenziale, «nelle
contingenze in cui mi trovavo, affetto da una seria depressione nervoa che mi aveva indotto a ricorrere
alle cure di un medico onde strapparmi a uno stato innegabilmente
patologico, e perdi più tormentato
da un furioso bisogno di cambiare
aria» racconta Leiris, che deriverà
da quella casuale trasferta una ragione di vita, consegnando, con
quel diario così singolare, un «documento di una inesauribile ricchezza, fonte di scandalo perla sua
assoluta franchezza nel descrivere
quella che rimarrà come l'ultima
grande impresa coloniale», osservava rafficanistica Denise Paulme
nel ricordo diLeiris morto nel 1990.
L'Africa fantasma pubblicata da
Quodlibet / Humboldt comprende
40 fotografie della missione Dakar-Gibuti, che emergevivida nelle pagine (oltre 600)delvolume, conidisagi, gli entusiasmi, le fatiche, la durezza dì uno spostarsi "da nomadi".
«Lavoro - scrive Leiris la notte del
24 settembre 1931 non lontano da
Mopti in Mali - alla luce di lampade elettriche, in una gioia effervescenza perché ci sono molti stranieri venuti con le piroghe a vendere le
loro derrate. Gli oggetti si comprano in.fretta e furia, in mezzo all'assordante brusio di una folla incredibile che minaccia di invadere il
battello». O ancora i1 26 gennaio
1932 invllaggio nel nord del Camerun: «Due ore di cavallo non mi riconciliano. Da qualche giorno, del
resto, non sono di buonumore. Ci
si stanca presto in viaggio e, a parte
le eccezioni, le cose e gli avvenimenti che si susseguono fanno presto averle anoia, contesesi restasse sempre fermi. Tollero sempre
meno l'idea della colonizzazione.
Riscuotere le tasse: questa è la
preoccupazione maggiore. Pacificazione, assistenza medica hanno
un solo scopo: ammansire la gente
perché accetti tutto e paghi le tasse».