Recensioni / Lettere come dimostrazione di amicizia

Di Georg Trakl, «individuo strano e scorbutico, che preferirebbe rinchiudersi in una cella piuttosto che comporre versi col sudore della fronte» (così si presenta ad una giovane ammiratrice) che cono- sciamo nelle ottime traduzioni, ormai «classiche», di Leone Traverso, ecco ora la prima proposta italiana di una raccolta di lettere, a cura di Clio Pizzingrilli, il quale firma anche una finale "Idea di biografia". Corrispondenza amicale e di lavoro, se di lavoro si può parlare, considerato che nella sua breve, tormentata esistenza, vissuta tra Innsbruck, Vienna e Salisburgo tra il l887 eil19l4, Trakl pubblicò una sola raccolta di poesie, "Gedichte" (Poesie, appunto; ma avrebbe preferito, come si evince dalla lettera al suo editore Kurt Wolff dell'aprile del 1913, il titolo "Diimmerung und Verfall", Crepuscolo e disfacimento). Per il resto, collaborazioni a riviste, il "Ruf”, il "Brunner", la cui redazione, con i colti letterati che vi conobbe, e che lo idolatravano - Dallago, Karl
Rock, soprattutto l'editore, Ludwig von Ficker -, divenne per lui «patria e rifugio nella cerchia di una nobile umanità».
E a ragione Pizzirigrilli insiste sull'importanza dell'amicizia nella vita di Trak1, interiormente ed esteriormente sbandata, essendo egli preda di profondissime malinconie, del senso grave dell' effimero che tentava lenire con alcool e droghe, e di un presagio continuo di morte della quale ve- de il riflesso nella triste città in cui si trova perlopiù a vivere, Innsbruck, «cupa [. . .] città marcia, piena di chiese e di immagini di morte». Morte che più volte, in queste lettere, lo ve- diamo invocare: in quella, bellissima, a von Ficker, ad esempio (destinatario privilegiato insieme all'amico della giovinezza, Erhard Buschbeck), in cui si tratteggia come una sorta di angelo nero, indegno di ogni affetto: «Troppo poco amore, troppo poca giustizioa e pietà [.. .]; troppa durezza, superbia e ogni specie di dissolutezza - questo sono io. [...] Bramo il giorno in cui l'anima non vorrà, né potrà più abitare in questo corpo infelice, appestato di malinconia, quando abbandonerà questo zimbello di fango e putrefazione, che è soltanto un'immagine riflessa, fin troppo fedele, di un secolo privo di Dio e maledetto».
Sono parole violente, le stesse che troviamo, amplificate, nelle sue poesie «da violenza trakliana genera rovine - scrive Pizzingrilli - essa ha un potere coagulante e ricompositivo [.. .] nella pericolosità di mantenersi sull' orlo del precipizio», o nei poemetti in prosa di Rivelazione e tramonto. Così le lettere sono - quando si tratta di testi come il succitato - un prezioso complemento
all'opera poetica. Esse ci forniscono un'immagine dell'autore dal di dentro, ovvero come egli stesso si percepiva; e, talvolta, si fa esegeta di se stesso, come nella lettera a Erhard Buschbeck in cui, denunciando l'avvenuto plagio di una sua poesia, ne traccia le qualità de- scrivendoci l'animus che l 'ha generata. Apprendiamo un poco anche il suo modo di lavorare: le correzioni apportate sino all'ultimo sulle poesie incorso di pubblicazione, dalle quali malvolentieri si separava; e il suo tenere estremamente alla sua poesia, laddove tutto il resto sembra essergli indifferente. Della raccolta in uscita, "Sebastian im Traum" (Sebastian in sogno) chiede notizie all'editore in una delle ultime lettere: «Mi procurerebbe una grande gioia, se mi spedisse una copia del mio nuovo libro. Giaccio malato nell'ospedale del presidio di Cracovia»: 25 ottobre 1914; non vedrà il volumetto, morirà nella notte tra il3 e il4 novembre, forse suicida. Era partito volontario per il fronte e, dopo il massacro di Grodek, ricoverato per gravi turbe mentali. (Ma, scrisse Karl Kraus: «Egli non è una vittima della guerra. Mi è sempre stato incomprensibile come potesse vivere. La sua follia lottava con eventi divini».) Il nostro volume è corredato di un inserto fotografico, grazie a cui conosciamo il corpo grande e un po' curvo del poeta, l' «indefinibile espressione antica sul volto».