Recensioni / Varietà radicale fiorentina

Fra gli ultimi esponenti del design radicale ancora in vita, uno dei più in disparte è Remo Buti, architetto ma soprattutto artigiano anzi "archigiano", come si definisce lui. Nato nel 1938 a Sesto Fiorentino da una famiglia di ceramisti da varie generazioni che fatalmente nel '900 si legò alla Richard Ginori diretta da Gio Ponti, crebbe fra i pezzi venuti male al leggendario designer-architetto, che il nonno materno riportava a casa. Dopo la guerra a San Frediano e poi a Signa. Frequentò più il biliardo del Gambrinus che l'Istituto per geometri, finché non accettò di fare l'apprendista in una bottega di una delle capitali della ceramica italiana, Albisola. La città era frequentata all'epoca anche dai campioni dello spazialismo Lucio Fontana e Piero Manzoni, da cui il giovane Buti trae vantagio e ispirazione. Appuntamenti con la storia: una sua piccola scultura è montata sull'Andrea Doria che finisce a picco nell'Atlantico nel 1956. Tornato a Firenze si iscrive ad Architettura: "È stato il giorno più bello della mia vita!", a fianco di tutti i futuri membri degli scatenati gruppi radicali allora fiorenti a Firenze. Frequenta soprattutto i corsi di Leonardo Ricci e Leonardo Savioli, compresi quelli allora considerati di serie B dedicati agli interni (che guarda caso al Politecnico di Milano teneva Ponti). Il giorno della laurea arriva senza nessun elaborato, ma Savioli lo scusa con la commissione di laurea: "Remino non aveva voglia" e lo prende come assistente perché la sua bravuri manuale gli fa realizzare dei plastici spettacolari in metallo. Ettore Sottsass lo cerca per farsi aiutare nella cottura dei sui famosi piatti ingobbiati. Buti produce anche i suoi propri, di piatti, decorandoli con disegni di architetti fondamentali, tutti oggetto di mostre fiorentine in quegli anni. Alla fine degli anni 70 la Facoltà gli affida la cattedra di Arredamento e architettura degli interni che fu di Ricci e Savioli, uno dei corsi più seguiti per decenni, e da cui sono passati ailievi come Massimo Iosa Ghini, Stefano Giovannoni e Guido Venturini (King-Kong), Matteo Thtin, Aldo Cibic e moltissimi altri, incluso un intero movimento come il Bolidismo, movimento bolognese fondato nel 1986 da sedici neolaureati della Facoltà di Architettura di Firenze. Nello stesso anno Mario Bellini lo invita come ospite d'onore alla sua memorabile Triennale "Il progetto domestico. La casa dell'uomo: archetipi e prototipi" contrapponendo Buti addirittura ad Aldo Rossi. Ora che è in pensione da anni, gli amici e allievi che sono molti e tutti devoti gli hanno dedicato un volume antologico e corale all'insegna di quella che secondo l'altro fiorentino Leon Battista Al berti era la qualità principale dell'architettura, la varietas: Remò Buti. Varietà, a cura di Pino Brugellis, Giovanni Bartolozzi e Matteo Zambelli (Dida Press­-Quodlibet, euro 34)