Anche a questo servono gli amici. A consigliarti libri importanti che ti erano sfuggiti. Così, non sarò mai abbastanza grato a chi mi ha segnalato I fiumi a Nord del futuro (Quodlibet) di Ivan Illich. Perché è impossibile rimanere indifferenti davanti al "testamento" (raccolto da David Cayley) di questo indefinibile prete-filosofo, nato a Vienna e naturalizzato americano, un "ebreo errante" e "pellegrino cristiano" che nel corso di una movimentatissima esistenza ha spaziato dalla storia alla teologia, dalla filosofia alla politica. Dopo aver coltivato, come molti altri, il sogno di possibili rivolgimenti sociali, a un certo punto Illich riconosce l'impotenza di quei progetti — alla luce della progressiva "disincarnazione", "astrazione" e "algoritmizzazione" delle nostre vite. Con il conseguente espandersi di una crescente insensibilità verso noi stessi e gli altri — un evento inaccettabile per chi ha fatto ruotare la propria fede attorno al racconto evangelico del buon Samaritano, che soccorre il Giudeo non perché così vuole la Legge, ma perché davanti a tale sofferenza qualcosa si è "mosso nel suo ventre", e quell'uomo si è sentito "chiamato". Ecco ciò che va, a tutti i costi, preservato; salvaguardando così la libertà di quanti non agiscono per mero interesse, "ma perché hanno ricevuto in dono dall'altro la capacità di rispondere". Le parole-chiave di Illich diventano amicizia, simposio, convivio. Con una valenza opposta a quella platonica. Perché se nella città greca "l'amicizia era il fiorire della virtù civica e il suo coronamento", qui non c'è nessun ethnos a fare da collante. A insegnarcelo è per l'appunto il Gesù storico dei Vangeli "con la sua storia del Samaritano (il palestinese) che è l'unico a comportarsi da amico nei confronti del Giudeo (l'ebreo) percosso". Da lì comincia la spericolata avventura di una nuova amicizia, non più fondata sulla comune appartenenza, ma su una "nuova illimitata capacità di scegliere chi voglio per amico, e una corrispondente possibilità di lasciarmi scegliere da chiunque mi voglia". Le comunità irregolari via via create da Ivan Illich hanno seguito sempre questa strada: davanti a un bicchiere di vino e a una zuppa da dividere con l'ospite inatteso che eventualmente busserà alla porta. Non sarà proprio questa forma di amicizia a rappresentare la migliore linea di resistenza dell'essere umano di fronte a una politica sempre più astratta ed irrelata?