Recensioni / La scommessa vinta della psichedelia, e cosa viene dopo

A pochi mesi dalla sua uscita, La scommessa psichedelica (Quodlibet) è una scommessa almeno editorialmente riuscita. Ha smosso il dibattito, fatto uscire recensioni e approfondimenti di grande livello critico e il suo curatore, lo scrittore e saggista Federico di Vita, sta proseguendo il suo cammino di divulgatore nel podcast Illuminismo psichedelico, uno spazio dedicato interamente alla psichedelia, tra i programmi di Agenda Podcast, piattaforma dell’Associazione Luca Coscioni. Viene un po’ in mente la serie visionaria Midnight Gospel dove uno speaker e i suoi ospiti dialogano di tematiche psichedeliche mentre il cartone animato di sottofondo (o sono le voci, quelle che stanno di sottofondo?) derapa in visioni cosmicomiche assurde e realtà interstellare esplosa...
In questa intervista, assieme a Federico e allo scrittore Vanni Santoni - tra i primi con i quali ho personalmente dibattuto di psichedelia, dal mio punto di vista agnostico non praticante convertito di recente al culto dei funghi e interessato alla dimensione spirituale di una metafisica naturale... - facciamo il punto del cammino del libro e del risveglio psichedelico della società contemporanea, Italia forse esclusa, almeno a guardare i timidissimi intenti legislativi, al momento fermi alla sola canapa.

La scommessa psichedelica a poco tempo dalla sua uscita sta già riscuotendo tanta attenzione, persino richiamando la lettura di altri testi e pubblicazioni che forse erano passati in secondo piano – penso all’articolo su l’Espresso. Allo stesso tempo, la realtà pare “rispondere” mondialmente ai principi del libro stesso con importanti riforme, notizie positive, azioni governative o locali. Come è cambiato, in poco tempo, secondo voi lo scenario relativo al dibattito sul tema, in positivo e in negativo? Quali altri eventi significativi vi aspettate in un prossimo futuro?
FdV: L’idea alla base di La scommessa psichedelica era proprio quella di creare dibattito culturale in Italia su questi temi, un dibattito colto, il libro si rivolge infatti ai lettori forti, che magari potrebbero aver intercettato qualcosa di questo tema senza mai averlo approfondito: volevamo offrirgli l’occasione di farlo. Qui c’è un certo numero di intellettuali che insieme, in gruppo, tentano di sviscerare diversi aspetti e diversi punti di vista del vasto mondo psichedelico, o meglio di riflettere su come sia il mondo stesso a venire in tanti modi influenzato dalla psichedelia.
Inoltre volevamo fare un passo avanti, lo dichiariamo sin dalla quarta di copertina: non intendevamo limitarci a spiegare cosa sono queste sostanze ma desideravamo riflettere su cosa possono fare alla vasta rete di relazioni in cui siamo immersi. Il fatto che siano stati chiamati in causa alcuni dei libri usciti precedentemente è positivo, significa che il dibattito si è innescato, che si sta creando (e certo non da ora) una piccola biblioteca di testi in continuo dialogo tra loro. Lo scenario nel frattempo viene influenzato anche da questi libri, e da articoli come quello dell’Espresso che ricordavi tu – sei pagine sull’Espresso senza neanche un “ma”, un “però” sono un po’ epocali su questo topic – ma anche come questa intervista, tutte cose che contribuiscono pian piano a rompere pregiudizi decennali.
A livello internazionale le cose accadono più velocemente: eventi significativi stanno già avvenendo, le città USA a legalizzare la psilocibina per trattamenti terapeutici aumentano ogni mese, mentre all’Oregon – il primo stato a farlo su tutto il suo territorio – si aggiungeranno presto altri stati, come la California e la Florida (per tacere del Canada). Tuttavia bisognerà tenere d’occhio tanto le intenzioni delle cause farmaceutiche, che potrebbero voler cavalcare in modi non necessariamente trasparenti l’esplosione di un nuovo fronte di farmaci così promettenti, quanto la retorica delle destre, che potrebbero volersi intestare il tema della psichedelia, in modi di certo grotteschi ma anche preoccupanti, il tutto mentre come sempre la sinistra dorme sulle questioni che riguardano legalizzazioni e diritti personali – soprattutto in Europa.

VS: Quando, quindici anni fa, andai a Basilea al Forum Psichedelico Mondiale, pensavo che solo cinque anni prima sarebbe stato semplice fantascienza immaginare un convegno con medici, scienziati, scrittori, sciamani, sadhu e psicanalisti da tutto il mondo, a discutere alla luce del sole i benefici di LSD, ayahuasca e funghi psilocibinici. Oggi, quando vedo una città americana dietro l’altra legalizzare o depenalizzare gli psichedelici (siamo già a sette), penso che uno scenario del genere sarebbe stato bollato come fantascienza se qualcuno lo avesse prospettato in un panel là a Basilea. Il dibattito è grande e ricco, e mi fa piacere vedere come le suggestioni della Scommessa Psichedelica ne abbiano scatenato uno importante anche in Italia, con decine di articoli e interventi – mentre scrivo questa stessa risposta ne sono usciti altri tre, scritti rispettivamente da uno psichiatra, da un fisico e "futurologo" e da un filosofo su una rivista di critica letteraria, a testimonianza della varietà di discipline incrociate dal tema e di ambiti dove desta interesse.
Guardando al futuro, penso che la possibilità, sempre più imminente, di una legalizzazione in California sia un nuovo decisivo spartiacque, come lo è già stato per la canapa. Non solo per l’influenza culturale ed economica del più ricco stato USA, ma anche perché la proposta californiana non riguarderebbe solo psilocibina, mescalina e DMT, i cosiddetti “psichedelici naturali” (la psilocibina viene dai funghi del tipo psilocybe, la mescalina da cactus come peyote e san pedro, il DMT da una quantità molto grande di piante – in effetti è presente anche nel cervello umano), ma anche l’LSD, lo psichedelico culturalmente più importante ma anche quello più bistrattato, a causa di sessant’anni di “cattiva stampa” (tanto cattiva che ha fatto pure dimenticare ai più che è naturale pure lui, dato che viene dall’ergot, una muffa della segale): questo segnerebbe davvero la fine del tabù iniziato con Nixon.
Non sono un esperto né un praticante (ad oggi), però ovviamente mi lascio suggestionare dalle tracce specialmente letterarie presenti nella raccolta, così come mi è capitato con i libri di Pollan e Sheldrake. Se doveste consigliare autori e libri (intendo romanzi o anche perché no poesie) che possano fungere da chiave d’ingresso alla psichedelia, quali sarebbero? Di solito, gli autori “canonici” relativi al tema sono abbastanza abusati (penso a Huxley, o anche sul lato più oscuramente “dionisiaco”, a William Burroughs). Quali sono invece ancora i tesori inesplorati che fareste leggere in un’ipotetica bibliografia propedeutica? Sbizzarritevi.
FdV: Sarebbe anche troppo semplice risponderti con i soliti Pynchon, Ginsberg, Wallace ma perfino Cărtărescu, o volendo trovare una chicca Carlo Invernizzi, un poeta italiano attivo a partire dagli anni Sessanta e decisamente lisergico. Invece, lasciando l’onere della sistemazione della biblioteca a Vanni, ti dico cosa sarebbe più interessante secondo me: trovare una definizione di letteratura psichedelica. Una definizione che, va da sé, vada al di là della mera dichiarazione di utilizzo delle sostanze da parte dell’autore (nel testo o al di fuori di esso), ma che chiami in causa la stessa natura testuale. So bene che non troveremo questa definizione, ma sarebbe interessante anche il tentativo. Pure perché di testi che definirei istintivamente psichedelici ce ne sono tanti che con l’uso delle sostanze non hanno nulla a che fare ma che al contrario hanno molto a che fare con la grammatica della visione.
Posso andare molto indietro, penso all’Apocalisse di San Giovanni, alla Divina Commedia – soprattutto al Paradiso –, a Joyce ovviamente (per la stessa invenzione del testo e per i suoi continui collassi semantici), ma anche a certe pagine di Melville, come alcune descrizioni dell’oceano in Mardi ma anche a quelle delle Galapagos negli splendidi frammenti di Le isole incantate.

VS: Come diceva Terence McKenna: “take it easy dude… but take it!” Alla fine si possono leggere tutti i libri di questo mondo ma l’unico modo per capire perché c’è tutta questa esaltazione attorno alla psichedelia, è fare un’esperienza psichedelica. Per quanto si possa ricorrere a simboli o emblemi nel tentativo di renderne conto, si tratta di una condizione non solo puramente esperienziale ma, nel caso delle “esperienze di picco”, addirittura trascendente, e come tale esterna al campo dell’esprimibile. Ma siccome la preparazione teorica non è mai abbastanza, qualche tempo fa partivo proprio da questa suggestione per un excursus attorno a una “biblioteca psichedelica minima”, proprio su Esquire: eccolo qua. Ai titoli che citavo allora ne aggiungerei senz’altro uno uscito da poco, Terapie psichedeliche di Adriana D’Arienzo e Giorgio Samorini (Shake), specie per chi è interessato alla dimensione medica e psicanalitica.

Una delle altre facce della psichedelia che particolarmente mi interessano e che penso sia poco sviluppata ancora è quella relativa alla spiritualità. Le due realtà paiono andare spesso a braccetto, tra leggende e pratiche invece ben assodate nelle culture pre-ispaniche e pre-cristiane. Nella cultura cattolica la psichedelia è invece un grande tabù. Questo rinascimento psichedelico come può dare spazio a nuove prospettive diciamo anti-materialiste anche nella nostra cultura italiana, che spesso è stata profondamente marxista e profondamente cattolica assieme? Sarebbe bello portare ad un dibattito pubblico un rappresentante delle tre religioni monoteiste e parlare del tema.
FdV: Delle intense esperienze psichedeliche possono metterci al cospetto di rivelazioni mistiche, tanto che una fase dell’esperienza psichedelica viene indicata appunto come Esperienza Mistica – certo sta poi al soggetto decidere se percorrere o no il percorso spirituale che può spalancarsi al centro della sua mente. Per quanto riguarda invece gli input anti-materialisti ho alcuni dubbi, se da un lato è vero che gli psichedelici sono sostanze che spirano la loro brezza in direzione dell’anticonformismo non ritengo che facciano necessariamente la stessa cosa per quanto riguarda il progressismo, è questione di setting, le influenze possono pesare molto, in qualunque direzione. È una questione delicata, che merita attenzione.
VS: Sicuramente inquadri bene un contesto – al cattocomunismo aggiungi il paternalismo protofascista e hai l’Italia, o almeno una parte significativa della sua vulgata – intrinsecamente ostile alla cultura psichedelica, che ha forti componenti sia edonistiche che spiritualiste. Certo, si potrebbero chiamare in causa i libri di studiosi che hanno evocato, e non senza indizi rilevanti, la possibilità di componenti psichedeliche nel cristianesimo delle origini – che so, Allucinogeni e cristianesimo. Evidenze nell'arte sacra di Gilberto Camilla e Fulvio Gosso, o Il fungo e la croce di John M. Allegro, o ancora The Psychedelic Gospels: The Secret History of Hallucinogens in Christianity di Jerry e Julie Brown, inedito in Italia –, ma anche prendendo per buone tali ipotesi (o rilanciando qualche storia sepolta di cristianesimo psichedelico moderno, come quella di Florence Nichols) cambierebbe poco: una volta che il cristianesimo da setta sotterranea è divenuto un grande potere terreno, ha sempre osteggiato qualunque deviazione orientata verso una spiritualità libera e personale, dai Dolciniani ai mistici speculativi.
Allo stesso modo non c’è dubbio che i nostri anni ’60 siano stati pochissimo psichedelici rispetto a quelli di Stati Uniti, Inghilterra e Olanda a causa dell’egemonia marxista sulla contestazione giovanile. Detto ciò, quella spirituale è un’esigenza umana inevitabile, e anche quando ne vengono represse o marginalizzate (o sminuite, o ridicolizzate) le espressioni spontanee più radicali, quelle prosperano sotto la cenere – anzi, a volte prosperano in modo anche più virulento rispetto ai contesti in cui non sono osteggiate: basti pensare alla forza impressionante della scena rave italiana – un veridico movimento dionisiaco di massa – nel decennio 1997-2007.

Facciamo adesso un gioco. Pensando sempre alla letteratura italiana e al caso pressoché unico di Elsa Morante, quali autori del Novecento e come, secondo voi, avrebbero espanso maggiormente la propria visione del mondo con l’uso consapevole della psichedelia, con risultati diciamo migliori? Io sto pensando a Italo Calvino (e già un po’ sorrido a pensare alle Città invisibili scritte a seguito di una conoscenza psichedelica approfondita da Calvino.)
FdV: Be’ se lo giudichi dalla qualità combinatoria dei suoi migliori risultati di Calvino potresti quasi pensare che di frattali se ne intendesse. È una domanda strana a cui non saprei rispondere con certezza: Moravia magari avrebbe giovato della psichedelia, così oggi forse avremmo motivo di rileggere i suoi romanzi…
VS: Ah, Le Sere Domenicali della Morante… Certi svarioni… Su Calvino ti dico solo che quando ero adolescente conoscevo una ragazza che teneva i suoi fogli di LSD in una copia delle Città invisibili… Sicuramente sarebbe stato interessante dare un 300ug a Pasolini, rigido com’era su certe cose, eppure con un così grande potenziale visionario…
Il libro è un compendio molto esauriente di prospettive sul tema, dalla filosofia all’arte dei meme, dalla letteratura ad un approccio storicizzato e terapeutico. Se come curatori e come autori dovreste curare e scrivere oggi per questo progetto, oppure lavorare ad un’edizione riveduta, cosa aggiungereste al quadro?
FdV: Non lo so se aggiungerei qualcosa, perché mi pare che stia funzionando. Ti dico però cosa avrei voluto che fosse presente nel libro e che non è stato possibile inserire. Avevo invitato a partecipare un architetto, perché mostrare come l’influsso della psichedelia possa risultare evidente in un’arte tangibile come l’architettura – un’arte che abitiamo tutti i giorni – mi sarebbe sembrato importante a livello anche simbolico. Purtroppo non è stato possibile perché l’architetto con cui ho parlato mi ha detto di conoscere notizie certe al riguardo risalenti però agli anni Settanta, mentre il nostro testo si occupa di contemporaneità e benché lui sia sicuro che anche al giorno d’oggi abbondino esempi del genere non ha ancora informazioni ufficiali al riguardo e dunque non se l’è sentita di intervenire. Mi sarebbe poi piaciuto coinvolgere un paio di importanti ricercatori della generazione precedente alla nostra, che per ragioni private non hanno a loro volta potuto partecipare.
VS: Da lettore – posso quasi considerarmi tale, vista la brevità del mio intervento rispetto ad altri – penso che il successo della Scommessa psichedelica si debba proprio alla sua capacità di parlare con forza tanto ai profani, con saggi più introduttivi e divulgativi, quanto ai veterani, con pezzi più iniziatici, e alla capacità di incrociare tanti temi chiave della contemporaneità: l’ecologismo radicale, il benessere psicologico, le sottoculture, la produzione di contenuti online, la memetica, la difesa dagli algoritmi, la nuova spiritualità, eccetera.
Inoltre il libro ha un ulteriore punto di forza nel contenere anche una pars destruens considerevole, nei pezzi di Mazza Galanti, Betti, Magini: non si limita a celebrare il Rinascimento psichedelico, ma guarda oltre ed è capace anche di portarlo sul tavolo degli imputati. Forse, volendo proprio ampliarlo, una sostanza che meriterebbe più spazio – al di là dei suoi promettenti utilizzi nella cura della depressione, ben raccontati dal saggio di Codignola –, magari con un’analisi approfondita dei suoi atipici effetti visionari e delle sue mirabolanti interazioni con gli psichedelici classici, è la ketamina, troppo spesso etichettata solo come “anestetico d’emergenza”.
Da fiorentino, non posso ignorare che questo libro sia nato non nella soleggiata California o in un ritiro tibetano, ma in qualche modo da lunghe conversazioni tenute in location fiorentine, tra presentazioni, bar, piazze, luoghi pubblici. Da tempo, in quanto testimone (sebbene non sempre presente), so che Federico stava maturando questa idea e lo stesso lemma di “Rinascimento psichedelico” non può far pensare ad un’origine fiorentina del rilancio, della scommessa – ovviamente penso anche i romanzi di Vanni. Se doveste parlare del tema relativamente alla storia di Firenze cosa vi viene in mente? Sono due realtà totalmente separate o dialogano? FdV: La prima occorrenza di Psychedelic Renaissance, ho fatto giusto ora un giro su Internet, è contenuta in The Long Trip: A Prehistory of Psychedelia di Paul Devereux, un libro uscito nel 1997. Nel 2012 si intitolava The Psychedelic Renaissance un intero libro – la definizione nel frattempo ne aveva fatta di strada – quello di Ben Sessa. In Italia il primo a parlare di Rinascimento psichedelico è stato il qui presente Vanni Santoni, in un articolo uscito su Internazionale nel 2017 e intitolato per l’appunto Il Rinascimento della psichedelia, ma credo che dati gli eventi risulterebbe un po’ troppo generoso riconoscergli la paternità della locuzione. Certo parlando di Rinascimento psichedelico si dice “rinascimento” e quindi ci si collega in qualche modo, almeno metaforicamente, al momento più splendente della storia cittadina, ma chi per primo ha cominciato a usare quest’espressione non era di Firenze e penso proprio che le due entità – psichedelia e Firenze – dialoghino soprattutto nell’incarnazione di chi si interessa di questi temi e vive qui, come me e Vanni per l’appunto. Posso però regalarti un ricordo, una mattina dopo una serata psichedelica, tornando all’alba a Firenze ho percorso a piedi la strada che va dalla stazione a casa mia, in Oltrarno, avevo ancora diversi riverberi lisergici e vedevo l’impiantito stradale completamente coperto da una filigrana sottilissima di intarsi aztechi, l’immagine mi faceva apparire Firenze preziosissima.
VS: Una volta a un convegno incontrai un dottorando in italianistica che voleva persuadermi dell’origine psichedelica delle visioni dantesche del Paradiso. Ora, è vero che l’acume e la sapienza teologica del Poeta è tale da costruire visioni la cui “correttezza iconografica” può essere confermata da chiunque abbia avuto una teofania come Cristo comanda (si perdoni il gioco di parole), ma per quanto gli psilocybe semilanceata crescessero nel Pratomagno del Due-Trecento come in quello di oggi, non ci sono testimonianze a provare che i coevi di Dante ne conoscessero le proprietà enteogene.
Andando invece in epoca più recente, credo valga la pena ricordare un fatto non molto noto: lo Space Electronic, oggi sbronzodromo per studentesse americane, all’epoca della sua apertura nel 1969 e almeno fino al ’77, anno in cui si vide una vera piccola “stagione psichedelica” italiana (stagione brevissima giacché subito dopo arrivò una droga vera, l’eroina, a squassare sottoculture, movimenti e generazioni), fu un locale dalla fortissima impronta lisergica, dove si svolgevano concerti psychedelic rock, happening ben impregnati nell’acido e addirittura performance live del Living Theatre.
Ultima domanda, col rischio di scivolare nella sociologia spicciola. Cosa i giovani lettori e i giovani “consumatori” assieme possono trovare nel libro secondo voi? Si parla sempre della incomprensibilità delle generazioni dei giovanissimi. Che esperienza secondo voi ha un ventenne di questo libro e in generale del tema della psichedelia? Vive ancora negli stereotipi della criminalizzazione oppure è più libero di un trenta-quarantenne?**
FdV: Non ti so dire esattamente cosa un ventenne possa pensare di questo libro, un collettivo antiproibizionista di Bergamo mi ha invitato un paio di mesi fa a presentarlo su Instagram e sia i ragazzi che mi hanno ospitato che gli spettatori erano ventenni, l’interesse mi sembrò davvero vivo. Per quanto riguarda gli stereotipi della criminalizzazione penso e spero che un ventenne di oggi sia più libero mentalmente di un ragazzo che aveva la stessa età venti o trent’anni fa, la morsa delle narrazioni tendenziose sugli psichedelici in fondo si sta davvero un po’ allentando, almeno per ora.
VS: Sicuramente il contesto è cambiato molto: quando eravamo ragazzini noi, era permeato dalla perniciosa narrazione del “le droghe sono tutte uguali” e le fonti di informazione erano minime: i libriccini di Stampa Alternativa, le pubblicazioni della SISSC e qualche memorabilia anni ’60 da scovare sui banchi dell’usato. Tutte cose che cercavi magari dopo, per venire a capo di esperienze che si qualificavano come ontologicamente diverse da tutto il resto. Non a caso, chi non frequentava gli ambienti legati alla musica elettronica underground, come free party o festival goa (o i campeggi freak stile Pelago o Pistoia Blues, toh) difficilmente scopriva questo mondo e magari, associandolo erroneamente a quello delle “droghe”, se ne teneva ben lontano. I pregiudizi e la disinformazione sono forze molto potenti.
Da quando c’è Internet, lo scenario è cambiato: un sito come Erowid, da solo, ha fornito improvvisamente informazioni affidabili su tutte le sostanze e un enorme database di studi, paper accademici ed esperienze di normali utilizzatori reperibile e consultabile in un attimo. Questo, al di là del lavoro, decisivo, di tanti intellettuali e attivisti, è stato decisivo nel frangere il paradigma proibizionista e smantellare decenni di allarmismi e leggende urbane. A questo si aggiunge, oggi, la vasta disponibilità di testi di valore sul tema, anche in italiano, che inoltre – altro segno dei tempi – non escono più per oscuri editori controculturali, ma per marchi di amplissima diffusione: Come cambiare la tua mente di Pollan per Adelphi, LSD: il mio bambino difficile di Hofmann per Feltrinelli, Moksha di Huxley per Mondadori, LSD di Codignola per UTET, eccetera eccetera. Tutto ciò non vuole necessariamente dire che improvvisamente siamo atterrati nella nuova Eleusi: ci saranno sempre ragazzini (o adulti) che si ingollano qualunque cosa giusto per vedere che effetto fa, magari con set e setting sbagliati, e finché gli psichedelici saranno illegali ci sarà sempre chi vi incapperà prima di avere una reale consapevolezza della loro natura e dei loro rischi: la strada da fare per una corretta informazione diffusa in modo capillare è ancora lunga – ma i passi avanti cominciano a essere importanti.

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