Con scelta prodiga e temo per pochi, pensando a quanto male in Italia si badi davvero alla poesia, la Quodlibet ha pubblicato Gli ammutoliti, lettere 1900-14 di Georg Trakl (a cura di Clio Pizzingrilli, pp. 243, € 16,50). Costui era nato a Salisburgo nel 1887, figlio di un agiato mercante e d’una boema, distratta fattrice di sei figli, di cui Georg era quarto, Gretl l’ultima. Una foto li ritrae: lei con la frangetta, che guarda con candore il fotografo, ma ferrea diffida; mentre Georg sarebbe quasi disposto al sorriso, con le guance già gonfie. Da liceale fu gran frequentatore di bordelli, scegliendo la più vecchia della quindicina. Pianse pure molto, per i libri di Baudelaire e gli umili pazzi di Dostoevskij. Prediligeva Liszt e, come anche sua sorella Gretl, disprezzava la musica di Mozart. Ma fu, mentre sentiva il coro del Tristano che nel buio Gretl la prima volta lo baciò infantile. Al liceo fu bocciato; latino, greco, matematica. Si era già accorto che la scuola era quant’è: nociva e pubblica noia.
Si sentiva pratico, lui impratico, e giudicò bene apprendere un mestiere. Divenne praticante nella farmacia dell’ Angelo Bianco a Salisburgo. Non i sentimenti incestuosi di Gretl sfrenata e geniale; né i bordelli bastarono a rovinarlo. O almeno non solo. Iniziò a drogarsi volentieri col cloroformio. Morfina, veronal, cocaina, oppio, e lei, Gretl, ch’era lui, suo specchio. S’incupì per il triste arco delle ciglia di costei col sorriso turchino. Ma sovente le anime abortite sono quelle di chi diventa poeta.
Fu nel 1908 che s’iscrisse alla facoltà di Farmacia di Vienna, e pubblicò la prima poesia. Nel 1910 si laureò «magister artis pharmaceuticae» e, mentre Gretl diveniva una concertista e si trasferiva a Berlino, lui divenne allievo ufficiale in un reparto di sanità a Vienna. Dopo di che nel 1911, col congedo, fu messo in servizio non attivo. Ma si raccapezzò sempre peggio. Mangiatore di droghe e mai sazio etilista, si ritrovava ogni volta a Insbruck che pure odiava, ospite d’amici o di farmacie militari. Ma non rinunciò mai al suo contegno. Nessuno lo vide barcollare per le strade spoglie, mentre malediva solitario le sue stelle. L’alcool, l’inaspriva a dire grandi cattiverie, di cui infantile per primo si pentiva, soffriva.
La vita grama e incerta finì, per poco, appena divenne referendario ai medicinali, col grado di sottotenente. Proprio lui amministratore di droghe in varie farmacie militari. Ma un verso può riuscire a tutti, una poesia no; soltanto a un grande poeta ne riesce qualche decina come riuscirono a lui. E Trakl era reazionario, per quant’era nichilista. Nel 1912, dopo sei mesi, arrivò la sua agognata ammissione al servizio attivo. Ma dopo due ore già s’era licenziato. Venticinquenne, poeta suo malgrado, vedeva i gabbiani, «la luna ch’empie le tacite stelle». Cosa gli successe dopo può leggersi in questa raccolta di lettere, pervase tutte d’un’amicizia dolente, ma misurata. La vera socievolezza richiede del resto qualche stranezza e delle inclinazioni solitarie, per non esagerare. Ma la sua ponderata corrispondenza durò del resto ancora solo pochi anni, fino all’autunno del 1914 quando, arruolato nella Grande Guerra fu vinto da un’indicibile malinconia; e tra orrori sarebbe infine riuscito a suicidarsi; ma gli strapparono l’arma di mano. Fu ricoverato in psichiatria. II 3 novembre era quasi ventottenne quando morì: paralisi cardiaca per dose eccessiva di cocaina.