Recensioni / Fermare il tempo apparentemente immobile

Prima o poi capita di dover fare i conti con artisti che si cimentano in opere "totali" che hanno una grandiosità epica. Il percorso nella fotografia di Franco Vimercati (1940-2001) è di questo tenore e ha a che fare, per esempio, con colleghi affini per spirito, come Roman Opalka; autori, non a caso, di opere aperte. Vimercati: decenni spesi a fotografare una zuppiera, sempre la stessa (eppure non una foto uguale, perché sono impossibili le foto uguali...), o serie celebri come le bottiglie di acqua, gli oggetti capovolti, i calici, e quella che ha dato forse inizio alla sua intima riflessione: «Un minuto di fotografia» (nella foto, Archivio F. Vimercati), del 1974. Vimercati immortala lo scorrere inesorabile del tempo: uno scatto ogni 5 secondi alla sveglia, che, apparentemente immobile, invece incede e con progressione lenta arriva, dopo 13 scatti, a far "vedere" il passaggio del minuto. Ma allora: cosa sta fotografando Vimercati? Il tempo, o lo spazio, ma anche la stessa fotografia, e lo stesso agire fotografico. In un aureo libro appena uscito a cura di Marco Scotini (Franco Vimercati. Un minuto di fotografia, Quodlibet, pagg. 112, €18 edito in occasione di una mostra alla Galleria Raffaella Cortese) l'opera del fotografo milanese viene scandagliata da una serie di autori che ne hanno via via seguito e ammirato il lavoro. E così un fenomenale Luigi Ghirri spiega: «In Vimercati trovo l'ossessione per la precisione, per la sequenza, ma avviene l'opposto (di Muybridge, ndr): afferrare il momento dinamico in momenti di oggetti ritenuti statici e immobili. Non fermare il movimento ma dare dinamica all'inanimato». Con poche parole Ghirri, e con la sua opera intera Vimercati, scrivono e individuano una "protesta" acutissima contro tempi (anche a venire) in cui si gloria ciò che frenetico, chiassoso, subitaneo. Il lento impercettibile scorrere, il silenzio nel frastuono sono una cifra in più, e notevole. Essere e tempo; essere tempo.